In tempi recenti i mass media nazionali hanno dato non poco spazio alla diatriba nata tra Italia e Europa in merito all’utilizzo del latte in polvere disidratato e ricostituito per la produzione di latticini quali formaggi e yogurt. Il dibattito è scaturito dalla nostra legge n. 138 del 1974 che all’art. 1 vieta la detenzione, vendita, commercializzazione, cessione a qualsiasi titolo o l’utilizzo di a) latte fresco destinato al consumo alimentare diretto o alla preparazione di prodotti caseari al quale sia stato aggiunto latte in polvere o altri latti conservati con qualunque trattamento chimico o comunque concentrati; b) latte liquido destinato al consumo alimentare diretto o alla preparazione di prodotti caseari ottenuto, anche parzialmente, con latte in polvere o con altri latti conservati con qualunque trattamento chimico o comunque concentrati; c) prodotti caseari preparati con i prodotti di cui alle lettere a) e b) o derivati comunque da latte in polvere. Sempre secondo la medesima normativa è vietata altresì la detenzione di latte in polvere negli stabilimenti o depositi, e nei locali annessi o comunque intercomunicanti, nei quali si detengono o si lavorano latti destinati al consumo alimentare diretto o prodotti caseari. L’opposizione delle autorità di Bruxelles a questa normativa italiana mirerebbe ad eliminare un ostacolo alla libera circolazione delle merci, senza dettare alcuna imposizione sull’uso di latte in polvere, limitandosi ad introdurre una possibilità di tale utilizzo, già ampiamente divulgato in Europa, rispondendo ad uniformi principi tecnici ed economici. Lungi dall’intaccare i prodotti STG, DOP e IGP, per i quali continuano a valere i rispettivi disciplinari di produzione, con l’eliminazione di tale provvedimento legislativo nazionale, formaggi e yogurt possono sempre essere prodotti come prima, con la possibilità ulteriore di poter contenere anche latte in polvere, come la realtà dei fatti in verità già dimostra visto l’elevato consumo degli italiani di prodotti dell’industria casearia europea che utilizza latte in polvere per formaggi e yogurt al fine di rispondere ad una logica di standardizzazione della qualità e di ottimizzazione dei costi. Contrari all’istanza europea di abolizione del divieto legislativo si sono dimostrate diverse associazioni di categoria che hanno interpretato la richiesta quale minaccia per la qualità delle produzioni nostrane. Secondo una diversa interpretazione l’aggiunta di latte in polvere il più delle volte è finalizzata a standardizzare la materia prima, aggiustando il contenuto di proteine e grassi. Il rimedio migliore per garantire la sicurezza dei prodotti risulta piuttosto sempre e comunque quello di agire sull’etichetta, imponendo l’obbligo di indicare sulla confezione l’utilizzo di latte in polvere nello yogurt e nel formaggio, rendendo il consumatore edotto e consapevole delle proprie scelte alimentari.