Le noci nelle cucine dell’antichità

…assieme al castagno è l’unico albero da frutto ad apparire talora soggetto alla decima e anche a canone nei patti colonici…La noce figura fra i beni rustici protetti per la ragione che se ne ricava olio dalle “nuces in copia incredibilli”. Perchè, in copia? Perchè in senso generico si designa così una delle quattro categorie in cui anticamente si dividevano i frutti e precisamente quelli che sono rivestiti da un tegumento duro all’interno del quale sta la parte che si mangia: così la noce, la castagna, oltre la nocciola, la mandorla, sono considerate nuces. Portata in Grecia dai Persiani, nella Milano del XIII secolo era abitudine mangiarne alla fine  di ogni pasto, come pestarle con uova, pepe e formaggio per farcirne le carni. Le noci si impiegano più secche che non fresche, sebbene i medici consiglino le fresche perchè meno nocive. La noce secca è di natura molto calda e genera ventosità, si converte rapidamente in umore collerico, provoca mal di testa, vertigini e disturbi alla vista, soprattutto se mangiata prima del pasto, mentre quella fresca è meno untuosa e non nuoce allo stomaco. Ma già nella Roma Imperiale, quella di Apicio, vero mistero della cucina dell’antichità la lepre era utilizzata con tritatura di noci: lepre farcita: pinoli interi, mandorle, noci tagliate a pezzi, grani di lepre interi, frattaglie della lepre stessa. E, rotte delle uova, si lega il tutto poi si involge in omento di maiale e si arrostisce al forno. Farai così un secondo composto: ruta, pepe, cipolla santoreggia, datteri, noci spezzettate, vino speziato. Fai che ribolla a lungo, finché si raddensa e così si versa sulla lepre. Ma prima lascialo nel garum (salsa a base di pesce). Diversi piatti reclamavano l’uso di noci: la salsa bollente per cinghiale arrosto è fra questi. Serve: comino, semi di sedano menta, timo, fiori di cartamo, pinoli o mandorle toste, noci, miele, vino, aceto, olio, e liquamen (salsa di pesce simile al garum). Messo a macerare per una decina di ore il cinghiale tagliato a pezzi eguali, nel liquido di macerazione con vino, erbe aromatiche,  e un poco di liquamen. Passato il tempo mettete la carne in una teglia oliata in forno a 180°C per circa 50 minuti bagnando, di tanto in tanto, con qualche cucchiata dell’acqua di marinatura. Prepariamo la salsa: tutti gli aromi di cui sopra si fanno cuocere per circa 40 minuti in vino. Cotto il cinghiale si sistemano le fette nel piatto e si ricoprono della salsa con le mandorle e noci e si serve. Ed oggi? La noce ha il suo posto nella cucina attuale, molto più in pasticceria che in cucina, ove primeggia nella salsa che serve a condire il piatto ligure, in particolare i pansoti: gherigli di noce sbucciati con mollica di pane, 1 spicchio d’aglio amalgamato il tutto con olio d’oliva e latte cagliato. In pasticceria, puliti della pellicina amarognola che li ricopre, vengono utilizzati per dolci, strudel, baklava, focacce, pasticcini, barchette, tartelette e biscotti vari.. Utilizzate per i nougat e per il gelato, sono presenti anche in diverse preparazioni rustiche e regionali, come la nociata toscana. Componente della nostra vita, perfino nei detti popolari, ne riporto qui uno veneto di assoluta certezza: quando abitavo a Montecchio Maggiore avevo, vicino a casa mia, un vecchio contadino che aveva la cultura della memoria e che la donava a noi con detti ormai secolari.
Uno di questi diceva: E’ inutile Spalar la neve Scorlar le nose Tender le tose. Speriamo che lo si faccia ancora…