E la sua cotognata

Conservo come ricordo prezioso il gusto di una faraona arrosta preparata dalla nonna materna. Adiacente al recinto dell’aia, dove lei teneva le faraone, c’era una pianta di fichi, varietà “Moro”, che, con il passare degli anni e la crescita, aveva visto le sue fronde estendersi sino all’interno dell’area di recinzione. I frutti, ben maturi e pesanti, una volta caduti dall’albero, diventavano cibo goloso per le faraone, rendendo inconsapevolmente le loro carni, una volta cotte, assai delicate e dall’inconfondibile sapore. A distanza di anni, grazie alle mie elementari conoscenze chimiche di cucina, capii perché quel prodotto era così straordinario: le proprietà zuccherine del frutto di fico rendevano particolarmente gustosa la carne sapida del volatile e l’alta presenza di enzimi proteolitici, gli stessi che troviamo nella papaya, nel kiwi e nell’ananas, rendeva particolarmente teneri, attraverso la cottura, i tessuti muscolari ricchi di connettivo come quelli della coscia e sovracoscia. È risaputo oramai da riscontri scientifici che questi particolari enzimi, già alla temperatura di 50° C, degradano le fibre particolarmente dure e “nervose”, tipiche di animali che fanno molto moto allo stato libero. Nella stessa maniera del ghiaccio che si scioglie al sole, così il succo di questi particolari frutti, avviata la cottura, aggrediscono il collagene dell’animale nella sua struttura consistente e soda degradandola chimicamente ma in maniera assolutamente naturale, come in una sorta di frollatura “a caldo”. La ricetta da me sviluppata è a ricordo della nonna e della magnificenza del “Figo Moro da Caneva”, prodotto autoctono di nicchia e delizia della Pedemontana veneta e friulana, differente dalle altre varietà per la sua tipicità e distintività, date dagli eccezionali valori organolettici e nutritivi, che derivano dal suolo di sua coltivazione. Il Figo Moro da Caneva ha una lunga storia documentata, sin dal XIV secolo: la Serenissima Repubblica di Venezia lo teneva in grande considerazione, i nobili e i signori lo gustavano fresco in sontuosi banchetti, mentre sotto forma di fico secco era imbarcato quale cibo e merce pregiata nelle navi della marina dei dogi.

Ingredienti per 4/6 persone: 1 faraona di circa 1 kg; 1 l di vino Marzemino; 500 g fichi Mori; 80 g salsiccia magra; 1 pezzetto di cannella in stecca; alcuni chiodi di garofano; la scorza di un limone; una foglia d’alloro; una piccola cipolla; sale e pepe q.b.; olio extravergine d’oliva q.b.

Per la cotognata: 500 g di fichi mori; 500 g di mele cotogne; succo di 3 limoni; 500 g zucchero di canna grezzo; poco vino bianco. Procedere prima con la cotognata di fichi tagliando a spicchi le mele private dei semi; metterle a cuocere con il Minicooker Sirman con poca acqua. Una volta cotte, frullarle con la stessa strumentazione e ritornare a far bollire a calore moderato per 35 minuti, dopo aver aggiunto lo zucchero, i fichi pelati ed il succo di limone. Trasferire la cotognata in una terrina e lasciarla raffreddare, coperta con della pellicola bagnata nel vino bianco, conservare in frigorifero. Pulire la faraona e disossarla, metterla a marinare nel Marzemino con la cannella, la cipolla, l’alloro, i chiodi di garofano e la buccia di limone per due giorni, compreso cuore e fegatino. Trascorso questo tempo, scolare e stendere il volatile su un ripiano, ritagliando un po’ della sua polpa per creare con il Cutter Bliz Sirman un piccolo impasto fine con la sua stessa carne e la salsiccia. Unire le interiora della faraona, tagliate a coltello e precedentemente sbianchite in acqua bollente, e i fichi schiacciati con la forchetta amalgamando bene il tutto. Riempire con questo la faraona creandone un bel rotolo; legarlo stretto, insaporire con sale e pepe e rosolarlo in un tegame a fuoco vivace, ultimare la cottura a forno moderato, bagnando con il vino di marinatura. Servire con il suo sugo di cottura, piccoli fichi “confit”, la sua cotognata ed eventuali guarnizioni come chips o germogli.