Hanno protestato su tutte le piazze, qualche volta con l’intrusione dei soliti “provocatori” che trovano ogni scusa per sventolare bandiere e far a botte con le forze dell’ordine. Così che contro di loro si sono sollevate critiche e osservazioni spesso anche severe, non accettando le legittime motivazioni. Nel mucchio ci si trova spesso in troppi. Ma i ristoratori sono certamente la categoria economica che ha più sofferto la crisi economica dovuta alla pandemia. Soprattutto nelle località a forte vocazione turistica, cioè almeno mezza Italia. Il turismo nelle sue componenti, la moda, la gastronomia, l’artigianato, l’immenso patrimonio artistico, naturalistico e monumentale, è spesso l’unica risorsa su cui contano città, paesi e borghi che ostentano storia e tradizioni addirittura millenarie. Una pagella di cui vantarsi in tutto il mondo e non ancora valorizzata per quanto merita. Ma sono stati chiusi locali famosi, fermati nella loro attività che sfiora l’arte cuochi dal prestigio internazionale, si sono ridotte a poco o addirittura annullate, produzioni alimentari che sono costitutive inimitabili di un goloso made in Italy che ci viene inutilmente ma continuamente imitato. Questo, tanto per restare nel mangiare italiano che è una componente atavica di una certa socialità che non rinuncia all’incontro a tavola, o al bar, o all’osteria.
Perché significa stare assieme, parlare, magari anche litigare ma comunicare ed essere così comunque parte di una collettività attiva, vitale. Chiudere tutto ha significato sacrificare il nostro modo di vivere sull’altare di uno stramaledetto virus venuto da chissà dove. Appena le cose sono migliorate, magari a forza di decreti ministeriali e si sono decise le riaperture sia pure condizionate, si sono moltiplicate voglie e pretese appoggiate da categorie e associazioni professionali ognuna con le proprie impellenti richieste. La guerra dei plateatici soprattutto: grandi o piccoli, parzialmente coperti o esposti alla polvere dei traffici. E se piove dove vanno i clienti? Quanti ne possono stare in un locale a debita (due metri) distanza? I ritardi, i coprifuoco, i controlli, gli scontati abusi, gli immancabili furbetti. Una somma di regole, comunque, da rispettare per sopravvivere, per rinascere, per ricostruire una società che è sembrata intoccabile fino a quando…
Adesso ci risiamo, dentro tutti, sia pure con molte diserzioni forzate ma pronti a rimettere avanti esperienze e tradizioni, capacità e intelligenze. Se ne sono resi conto politici e scienziati, competenti ed esperti di tante cose, se non proprio di tutte come troppo spesso vantato, comunque alla fine costretti a superare e ad accogliere le pretese di un mondo che è nella nostra storia. E finalmente si risiamo, a tavola, a mangiare, a bere, a chiacchierare, a criticare. Vogliamo sognare.