Viene in mente subito la polenta, quella di mais, da secoli il cereale più diffuso al mondo. Prima c’era la polenta dei popoli antichi fatta con orzo, sorgo, miglio, farro…ma nella nostra tradizione di italiani del Nord ci sono ricordi più recenti di fami ataviche e di profumi che salivano dai pentoloni o dai grandi taglieri. Polenta e poco altro, qualche pezzetto di formaggio, rari salumi, pesce affumicato, e qualche volta nient’altro che lei sola, bianca o gialla, all’onda, consistente, abbrustolita, affettata, a cubetti. Polenta. Piatto dei poveri giusto per riempirsi la pancia a rischio della pellagra che fra il XVIII ed il XIX secolo ha colpito duramente le popolazioni delle zone rurali del nord Italia e in particolare quelle più povere del Veneto orientale e del Friuli. La cucina d’oggi ha rivalutato la polenta diventata accompagnamento ideale per molti piatti, magari preparata in fretta, precotta o pronta in pochi minuti, manca soltanto la poesia del paiolo, ma restano, sia pure meno riconoscibili, i sapori d’un tempo. E la ristorazione, non soltanto quella tradizionale, sa come valorizzarla. Ma oltre ai cereali conosciuti da sempre, ci sono quelli nuovi che arrivano da culture lontane come la quinoa, il fonio, il tef, l’amaranto (quasi estinto), il muesli, miscele di cereali e frutta secca. E dopo il kamut, il cous-cous, il bulgur. Entrano nel nostro mangiare quotidiano, soprattutto nelle prime colazioni, con i loro gusti, le decantate caratteristiche organolettiche e nutrizionali. Ma i cereali sono tanti, coltivati in ogni continente e la loro trasformazione è immensa, dalle bibite (birra) ai superalcolici (Whisky, Sherry, Vodka…) uno in particolare è esaltato dalla dieta italiana, il frumento, e da questo il pane e la pasta. Inimitabili.