Il fico in cucina è un portento perché ha tutte le caratteristiche per essere considerato versatile, da quando è fresco a quando è secco; è impiegato in frutto intero o ridotto in marmellata; lo si presenta in accostamenti sapienti tra salato e dolce e in ciascuna tradizione popolare, del sud in particolare, il fico è conciato al fumo, candito, farcito con frutta secca, e proposto in mille altri modi. Ho deciso di raccontare alcune ricette che ho avuto il piacere di veder fare, imparare e degustare, in alcuni momenti della mia vita, quando ero bambino, adolescente, cuoco provetto. Denominatore comune il fico fresco. Una ricetta che mi aveva colpito molto prevedeva l’uso del fico in una farcia. Si trattava di una tacchinella disossata e farcita a dovere. Un composto di carne di vitello e poco maiale, tutto tritato grossolanamente, che veniva mescolato a fichi freschi tagliati a pezzetti, sale e pepe e una buona manciata di formaggio grattugiato. La tacchinella ben farcita, come se riprendesse le sue naturali forme, veniva imbrigliata a dovere. Poi veniva preparata con odori di rosmarino e salvia, e un bicchiere di buon olio d’oliva. Veniva cotta in forno lentamente, leggermente bagnata con vino bianco. Una volta cotta a puntino, veniva lasciata intiepidire, poi tagliata a fette e servita con burro fuso. Ricordo che era buonissima anche fredda. In seguito, ho imparato a preparare una vecchia ricetta che prevedeva il fico fresco, privato della pellicina e poi bardato con pancetta e avvolto in pasta sfoglia. Tutto infornato a 190°C con la “valvola aperta”. Una vecchia ricetta di un gran maestro, lo chef Ugo De Martin di Padola, che mi ha insegnato a prepararla con cura e dovizia. Un antipasto caldo, uno scrigno, un fagottino, ricco di profumi e gusti delicati, che abbiamo proposto in molte cene tra giugno e di settembre a Cortina. Ora però vi racconto come il fico è stato interpretato da una magnifica Lady chef, cuoca Lina. Si trattava di una cuoca in servizio domestico nel vecchio millennio, bravissima a presentare questa polenta “conzada” (conciata) con i fichi freschi. Lina scriveva: “mettere 10 fighi grossi, non troppo maturi e privati della pellicina, in casseruola con un cucchiaio abbondante di burro e un pizzico di sale. Mescolare bene con un mestolo di legno. Poi unire 4 cucchiai di farina gialla da polenta e bagnare con latte caldo (circa ½ litro, dico io) e un bicchiere generoso di grappa. Fare in modo che il tutto risulti come una polenta non troppo bagnata. Appena tenderà a fare una crosticina sul fondo della casseruola, togliere dal fuoco e versare su un tagliere di legno modellando con il mestolo intinto nella grappa. Coprire con panno e lasciare raffreddare. Tagliare a fette e servire a merenda.” Sarà stata questa una rielaborazione della “pinza della marantega dell’inverno”? Provate voi a ripetere queste leccornie e fatemi sapere se erano davvero buone ricette…