Pesce crudo e marinato, anche se di sovente sono accostati per similitudine, in realtà di simile hanno ben poco. Abbiamo esaustivamente trattato l’argomento in occasione del numero sul limone, sottolineando il fatto che limone e aceto, alla base delle marinature, sono poco inclini all’abbinamento con il vino, a meno che il passaggio delle due sostanze acide sul cibo non sia veramente breve. Il pesce crudo invece, come cozze, ricci, vongole, tartufi, crostacei, richiama accostamenti che non vadano a scontrarsi con la componente salina molto presente. Quindi l’ideale è un vino equilibrato, non troppo acido, sicuramente non aromatico, ma con profumi molto netti, privo di grassezza, che sappia interagire con la fibra delicata. Fanno parte delle crudità le ostriche che, come il caviale, sono ormai comunemente associate allo Champagne. Ma perché? Analizziamo il gusto di entrambe. Le ostriche hanno una struttura grassa, carne vellutata iodata, marina, con sfumature di nocciole. Il classico accostamento francese è con lo Chablis. Il caviale ha un sapore salato, grasso, aromatico. In Russia, non a caso, è tradizione abbinarlo alla Vodka per via del suo sapore morbido e bruciante. La “bollicina” è efficace su tutti e due a patto che l’ostrica non sia troppo salata, ottima quindi la varietà piatta Bèlon affinata nell’omonimo fiume, e lo champagne con un dosaggio tale da renderlo avvolgente, senza esagerare. Sul caviale, invece, va benissimo un dosaggio zero o un extra brut. La Valle d’Aosta ci offre uno spunto molto interessante a proposito di bollicine. Terra di confine, che passa spesso inosservata, è la più piccola e montuosa delle regioni vinicole italiane, caratterizzata da pittoreschi vigneti di alta montagna, da sempre nota come produttrice di vini per turisti perché beverini e molto godibili. Chi si occupa di vino in modo serio sa che non è così! La Valle d’Aosta è una realtà splendida dell’enologia italiana, i pochi ed eroici produttori che lavorano le vigne più alte d’Europa fanno vini strappati alla roccia con arte e volontà impareggiabili, il tutto nel massimo rispetto dell’ecosistema e a piede franco dato che la fillossera non è mai arrivata a tali altitudini. Tra le varietà autoctone viene coltivata il Prié Blanc ad un’altitudine che va dai 900 ai 1200 mt, nei comprensori dei Comuni di La Salle e Morgex. Il vino è un Prié Blanc 100% de la Cave de Morgex et la Salle, fermenta in botte grande e acciaio, segue la rifermentazione in bottiglia per almeno 18 mesi. Le sensazioni che spiccano immediate sono la freschezza, le note agrumate di cedro, brevi fragranze di lieviti. In bocca sa essere deciso e sferzante nell’acidità, il basso dosaggio gli conferisce la franchezza che è nel suo DNA. Uno dei pochi vini in cui possiamo veramente rintracciare la mineralità e la pietra focaia.

Giovanni Di Stanislao