È estremamente difficile trovare menzioni di frutteti intesi come colture autonome, è relativamente più frequente imbattersi in alberi da frutto sparsi tra le vigne. La vite che cresce spontanea, costituisce oggetto di selezione migliaia di anni prima di Cristo. La culla delle più antiche tradizioni vinicole al mondo è considerata la Georgia. Molti sostengono che la parola vino prende origini dal “vino” georgiano. Il vino qui è simbolo di ospitalità e amicizia. Gli scienziati hanno verificato i residui del millenario vino dal fondo delle giare di terracotta risalente a 7000 anni fa. Ancora oggi il metodo di vinificazione rimane lo stesso, inalterato nei millenni: il “Kakheto” e “Imereto”. In seguito alla pigiatura il mosto viene posto nei “qvevri”, e guai a chiamarle anfore, questo è l’orcio georgiano di argilla cotta. Una volta nel qvevri, il mosto, in cui sono presenti bucce, peduncoli, raspi e vinaccioli, comincia la sua fermentazione alcolica, che dura circa 10 giorni. Il qvevri è tradizionalmente interrato e rimane aperto durante la fermentazione, questo per rendere possibile la rottura del cappello più volte al giorno e favorire l’estrazione dei polifenoli e degli altri composti contenuti nelle bucce, nei vinaccioli e nei peduncoli. Grazie all’interramento si riesce a mantenere la temperatura di fermentazione intorno ai venti gradi in maniera del tutto naturale. Dopo la fermentazione la parte solida delle feccie si deposita sul fondo, portandosi con se tutti i sedimenti. Il qvevri viene poi coperto appoggiando appena il coperchio, in modo che, durante la successiva fermentazione malolattica, l’eccesso di anidride carbonica possa evaporare. Circa dopo la metà di dicembre il qvevri viene sigillato ermaticamente con argilla e cera, e seppellito sotto uno strato di terra. Il vino matura così per altri 3 o 4 mesi. In marzo – aprile si preleva il vino da sopra i sedimenti depositati sul fondo e lo si travasa in un’anfora pulita. Dopo 2 – 3 mesi il vino completamente chiarificato viene travasato in altra anfora pulita. I vini prodotti con questo metodo sono diversi da tutti gli altri vini bianchi del mondo. Il colore è scuro, aranciato, ricorda il tè, perfettamente limpido. Assaggiandoli mi sono trovato all’inizio sorpreso, come sempre quando ti trovi a confronto con qualcosa di nuovo, poi tra sentori di cera, torba, frutta matura, tè, sapidità incredibile, astringenza, tannicità, grassezza, acidità , armoniosità. Col passare del tempo si nota la sua leggerezza nell’impatto con l’organismo: l’alcol nonostante ci sia come in tutti i vini, non è invadente, quasi impercettibile! Per noi operatori del settore la conoscenza e l’approfondimento di questa terra e dei suoi vini, sembra quasi un obbligo. Ho avuto fin da subito la netta sensazione, dopo anni nel mondo nel vino, di aver trovato un po’ la quadratura del cerchio, il tassello mancante, di congiunzione anche tra le vinificazioni convenzionali, naturali, biodinamiche. Questo è ovviamente un mio personalissimo pensiero e modo di vedere. Come sempre il tempo e l’esperienza che ne matura, sapranno darmi ragione oppure torto: l’importante non è arrivare, ma essere pronti a ripartire…