Una tovaglia morbidamente adagiata sull’erba, una pila di piatti candidi, eleganti flûtes distribuite qui e là: in un’attesa quasi pigra, sta per iniziare il picnic. L’attenzione non è attirata dai commensali, ma dalla tavola imbandita. Un Monet giovane dipinge il quadro ma evidenzia una passione che coltiverà con tenacia soprattutto in età avanzata: il buon mangiare! Quasi premonitore, involontariamente attira lo sguardo sulla tovaglia illuminata dai raggi solari. E sopra questa compare un cappone arrosto, forse, immaginiamo, farcito al Périgord con purée di castagne. La cacciagione infatti è uno dei suoi piatti prediletti: ama la beccaccia arrosta, che fa frollare per ben due settimane in cantina, così come le pollastre e le oche che alleverà personalmente. Compare anche un gateau, forse un Gênes gâteau alle mandorle, e un plateau di formaggi erborinati (roquefort, stilton e gorgonzola) con frutta fresca. Infine il vino: perché non pensare, visto che le bottiglie sono appoggiate quasi casualmente e ancora da stappare, che possano essere le sue più amate: un Chablis e un Sancerre, due bianchi di alto lignaggio, Sauternes d’Yquem, bianco passito e poi un Bourgogne di Mersault, altro vino bianco e infine un rosso, il Bordeaux Grand Cru Classé. Nel suo lungo soggiorno nella casa a Giverny in Normandia, (tuttora visitabile) Monet, oltre a dedicarsi alla sua arte, approfondisce con passione scientifica e accuratezza maniacale le conoscenze di botanica, floricoltura, allevamento sia di pesci e di pennuti. Nel suo orticello di più di un ettaro di estensione, coltiva erbe aromatiche, alberi da frutto, verdure per poter servire i prodotti più freschi e genuini ai suoi numerosi amici e commensali. Monet raccoglie dai viaggi, dalle esperienze e dalle tradizioni della terra in cui vive le più disparate ricette, si occupa di reperire gli ingredienti e fa poi eseguire alla sua cuoca personale. La cucina non è il suo regno, ma lo è il cibo: la ricerca dell’ottima qualità da parte dell’artista, non solo nell’ambito gastronomico, è ossessionante! Più che di una mente creativa sembra essere dotato di rigore enciclopedico e mania per la perfezione. Dalla materia prima, la ricerca del migliore foie gras della regione, dalla pignola scelta della proprietà del concime e dei semi per il suo giardino, la cantina costantemente aggiornata, l’allevamento degli animali da cortile reso necessario dalla non celata malfidenza nei confronti di quelli francesi e così via. Resta il fatto che il maestro impone regole ferree per la preparazione delle pietanze, per gli orari dei pasti, è inflessibile riguardo la provenienza degli ingredienti, ma si dimostra un favoloso ospite: alla sua tavola siedono Pizarro, Renoir e Cézanne e lo scrittore Alexandre Dumas figlio, Clemenceau presidente della repubblica, poeti e scrittori. Eleganza ed accuratezza innate lo portano a scegliere personalmente tovaglie, il menu, i posti da assegnare, i servizi di piatti da predisporre. Una curiosità: Limoges produrrà due servizi di piatti disegnati dallo stesso pittore, e più volte raffigurati in alcuni suoi dipinti. Tuttora molto ricercati, rappresentano appieno la sua geniale attitudine a giocare con i colori: il primo, una porcellana gialla, azzurra e bianca che riprende i colori della sala da pranzo, e l’altra a motivi azzurri floreali orientali su fondo chiaro.

Cristina Mocci