Gli aspetti morfologici.
La parte commestibile dei funghi “mangerecci” è costituita in genere da un cappello (o pileo) e da un gambo (stipite). Il cappello può assumere forme diverse (ombrello, palla, lingua, scodella, arboscello), varie conÀ gurazioni (piana, depressa, infundibuliforme, umbonata) ed un margine liscio, striato, tubercolato. La superÀ cie esterna presenta un’epidermide liscia, oppure tomentosa, o areolata, verrucosa, virgata, ecc., bianca o colorata in molteplici tonalità del giallo, dell’arancio, del rosso, del bruno, del grigio, del viola, ecc. La zona inferiore del cappello, anch’essa variamente colorata, può essere liscia, oppure presentare lamelle disposte a raggiera, o sottili tuboli che conferiscono al fungo un aspetto spugnoso, o ancora formazioni acuminate (aculei). Anche il gambo presenta una morfologia assai variegata: può esserecentrale o eccentrico; può essere rigido, flessibile, fragile, consistente, carnoso, cavo, pieno, ecc.; la sua superficie liscia, striata, verrucosa, tomentosa, e così via. Talvolta presenta, più frequentemente verso la sommità, un anello o una cortina, che possono scomparire con l’età. Il gambo può inoltre essere avvolto inferiormente da una specie di sacca (la cosiddetta volva). Il riconoscimento delle specie commestibili è quindi correlato ad una molteplice serie di osservazioni morfologiche. Altro importante fattore sistematico è il cambiamento di colore che si verifica con la rottura del fungo: il viraggio dal bianco al blu intenso, oppure dal rosso al quasi nero, è provocato da alcuni enzimi (tirosinasi, laccasi, ecc.) e/o composti cromogeni venuti a contatto con l’ossigeno. La parte commestibile dei funghi è un corpo fruttifero (o meglio un corpo sporigeno) che prende origine da un ammasso di ife (originanti il cosiddetto micelio), immerse in un substrato di crescita: terreno, legno, foglie, letame. La mancanza di clorofilla e di altri pigmenti fotosintetici rende questi vegetali eterotrofi obbligati, ovvero costretti a vivere in relazione con altri organismi: alcuni sono saporiti, altri simbionti, pochissimi parassiti di piante. I saprofi ti utilizzano le sostanze organiche che si trovano nei primi strati del terreno; i simbionti formano invece micorrize con le radici di piante forestali, quali Conifere, Abietinee, Betullacee, Fagacee, Salicacee. I funghi saproÀ ti, più tipici di pascoli, torbiere, dune, campi, sono strettamente legati all’umidità ed alla temperatura, sia del terreno che dei primi strati dell’aria. La comparsa dei funghi simbionti è subordinata anche alla disponibilità della luce, che permette la fotosintesi della pianta con cui essi entrano in simbiosi.

Il valore nutrizionale
Sebbene i funghi siano principalmente caratterizzati dall’insieme di aromi e sapori che ne rendono unico il gusto ed assai eclettica l’utilizzazione gastronomica, essi presentano un interessante profilo nutrizionale. I prodotti freschi hanno un elevato contenuto idrico, pochissimi grassi e pochi composti glucidici; 100 grammi forniscono mediamente 20 kcal. A confronto con gli ortaggi, cui vengono di solito aggregati nelle tabelle merceologiche, mostrano un discreto apporto proteico ed un interessante contenuto in vitamine del complesso B ed in alcuni minerali. La componente glucidica è rappresentata principalmente da mannitolo, acidi uronici, alcuni glucidi solubili (come il disaccaride trealosio) ed alcuni polisaccaridi, come cellulosa e micosina. Quest’ultimo ingrediente, simile alla chitina dello scheletro degli artropodi, è un aminozucchero scarsamente digeribile, che limita i pregi nutrizionali dei funghi. La componente proteica, caratterizzata da un interessante contenuto in lisina, treonina ed isoleucina (aminoacidi essenziali per il nostro organismo) ha valso ai funghi mangerecci l’attribuzione di “carne vegetale”, ma buona parte di questi composti non sono utilizzabili perché legati alla micosina. Anche la discreta presenza di alcune vitamine del gruppo B, come la tiamina e la riboÁ avina, avvicina i funghi più alla carne che agli ortaggi. Ragguardevole è inÀ ne il contenuto in alcuni minerali, come fosforo, potassio, ferro, rame, zinco. Le preparazioni di cucina possono modiÀ care sostanzialmente il profilo nutrizionale dei funghi, come appare evidente quando si pongono a confronto prodotti grigliati o trifolati oppure fritti. Le tecniche culinarie che prevedono un abbondante uso di sostanze grasse come veicolo di cottura ed una lunga esposizione alle alte temperature rendono sconsigliabile il consumo di funghi a coloro che soffrono di disturbi epatici e gastro-intestinali. Inoltre, i funghi sono sconsigliati ai soggetti affetti da iperuricemia/gotta e calcolosi renale uratica (a causa del contenuto in purine) ed agli intolleranti al nichel.
La commestibilità dei funghi

Le varietà di funghi commestibili, presenti in natura allo stato selvaggio, sono probabilmente oltre un migliaio. Secondo la classiÀ cazione di Roch, circa una quindicina sono specie innocue, di particolare pregio, come Boletus edulis (porcino), Amanita caesarea (ovulo buono), Morchella esculenta (spugnola gialla), Russula cyanoxantha (rossola, colombina maggiore). Tra di essi, si può annoverare il fungo porcino di Borgotaro, raccolto nell’appenino parmense, che ha ricevuto il riconoscimento europeo di Indicazione Geografica Protetta. Un centinaio circa sono specie innocue, ma di minor pregio, come Agaricus arvensis e Agaricus campestris (prataioli) e Cantharellus cibarius (gallinaccio, galletto, À nferlo, cantarello). La maggior parte sono poi ritenute presumibilmente innocue e di scarso pregio; circa 200 specie sono funghi debolmente tossici; pochissime specie contengono sostanze emolitiche, talora distrutte dal calore, o dall’ambiente acido, o più semplicemente dall’esposizione all’aria. Una ventina di specie, contenenti acidi resinoidi, irritano l’apparato gastro-intestinale umano, provocando vomito e diarrea. Un settimo gruppo è rappresentato da funghi contenenti sostanze neurotossiche (muscarina, atropina, allucinogeni). Ed infine vi sono pochissime specie che possono provocare avvelenamenti mortali per degenerazione cellulare, come Amanita phalloides, Amanita verna, Amanita virrosa. La raccolta dei funghi epigei spontanei è sottoposta a diverse norme che ne disciplinano il territorio, la qualità (è ad esempio vietata la raccolta di Amanita caesarea allo stato di ovolo chiuso), la quantità, le modalità (come il divieto d’uso per attrezzi che potrebbero danneggiare il micelio fungino o lo strato umifero del terreno). La raccolta dovrebbe comunque essere effettuata solo da coloro che possiedono nozioni certe sul riconoscimento delle specie commestibili. Si dovrebbe dare la preferenza ai funghi che crescono in simbiosi con le radici, piuttosto che a quelli saproÀ ti, accumulatori di metalli pesanti (quali piombo, mercurio, cadmio) ed isotopi radioattivi (come il cesio). Si dovrebbero scartare i funghi che presentano alterazioni organiche, spesso all’origine di episodi tossici, e consumare repentinamente quelli idonei, per evitare che ammufÀ menti o fermentazioni possano causare disturbi gastro-intestinali.

Per quanto concerne la sicurezza microbiologica, sebbene sia molto raro il riscontro di episodi tossinfettivi attribuibili al consumo di funghi freschi od essiccati, è sempre raccomandabile ricorrere alla boniÀ ca termica. Essendo invece più frequenti le intos-
sicazioni con funghi conservati in modo artigianale, è raccomandabile effettuare il trattamento termico (per tempi e temperature idonei) in abbinamento con una acidificazione a valori di pH inferiori a 4.6. La bollitura in acqua ed aceto inibisce la produzione di tossine ( ad esempio quelle di Clostridium botulinum in forma vegetativa, proveniente da spore sopravvissute alla cottura) ed il rispetto di rigorose norme igieniche consente di evitare le contaminazioni secondarie. Si deve inoltre diffidare delle prove empiriche, radicate nella tradizione popolare, che prevedono di sondare la commestibilità dei funghi con strategie assolutamente inattendibili. Infine, è bene sapere che alcuni fughi crudi sottoposti a congelamento originano sostanze tossiche, come è il caso di Armillaria mellea (chiodino) e Lepista nuda (agarico violetto).

La vendita dei funghi spontanei è disciplinata da specifici regolamenti di vigilanza. Le disposizioni sono estese anche ai funghi di coltivazione (quali Agaricus campestris, Russula virescens, Pleurotus ostreatus, ecc.), al commercio di funghi secchi, spontanei e coltivati, ed ai prodotti provenienti da stati esteri, siano essi freschi, secchi, congelati e/o surgelati, oppure conservati sott’olio o in salamoia, che devono essere provvisti di certificazione fito-patologica e micologica ed essere sottoposti a numerose verifiche analitiche.

Mirella Giuberti