la sostenibilità del debito pubblico, su questo ho molto da ridire. Per la verità avevano convinto anche me sulla veridicità di queste affermazioni, ma recentemente mi devo ricredere. Da circa 15 mesi ci hanno preallertato dicendo: “finché abbiamo il nostro ottimo Dott. Draghi in Europa (che approfitto per ringraziare per l’immenso bene che ha fatto per l’Italia, per la nostra reputazione e per il nostro onore), tutto andrà bene, ma poi il QE finirà e finirà la pacchia per tutti”. E lo dicevano ancora prima di queste ultime elezioni, quindi nulla di questa affermazione ha a che fare con i cambiamenti in atto. Ma allora, il benessere dell’Europa sulla sostenibilità del debito pubblico, di un’Europa che soccorre i più deboli e li aiuta a crescere c’è solo quando hai al posto di comando il tuo uomo? Ora invece ci stanno perfino minacciando: se non continuate la strada virtuosa di contenimento del debito pubblico (leggasi austerity), gli spread esploderanno. Ma allora, è l’Europa che ci tiene bassi i tassi o è il nostro virtuosismo che potremmo decidere di fare anche autonomamente? Tra l’altro, se noi potessimo ponderare politiche econoAntieuropeisti? miche con politiche monetarie (che invece con l’Euro non possiamo fare neanche minimamente), potremmo fare le cose con impatti meno drammatici nel breve periodo e prenderci i tempi per aggiustare le cose più gradatamente. Torno a dire che io, come imprenditore, voglio rimanere in Europa e voglio rimanere con l’Euro, ma se dovessi essere senza euro e senza Europa, un vantaggio c’è: che il nostro Draghi non se lo tengono loro: ce lo riportiamo a casa noi, e lui, ha dimostrato non a me misero imprenditore, ma alla finanza del mondo, di essere il migliore e di non farsi pestare i piedi. E chissà quanti altri ottimi uomini di finanza abbiamo in Italia che non sono emersi perché non si aveva l’acqua alla gola. E quelli che vediamo ora hanno imparato a non farsi pestare i piedi. E come imprenditore vi dico che, se abbattiamo la burocrazia, e ridimensioniamo la spesa pubblica quel che basta per abbassare un po’ le tasse, noi possiamo avere una Lira più forte dell’Euro, tanto, quelle aziende che sono ancora in piedi oggi in Italia, sanno competere nel mondo anche senza svalutazione, che manca ormai da un ventennio, avendo, tra l’altro, perso quell’abilità necessaria per avvantaggiarsene. Avere una Lira più forte vuol dire avere un debito pubblico che si riduce da solo. Ma per averla forte bisogna lavorare, e lavorare tutti. Morale della storia: il nostro destino non dipende né da spread né da euro, né da colore di governo: dipende solamente da capacità di produrre valore aggiunto (quindi di come e quanto sapremo lavorare) e quanto sapremo fare economia delle spese inutili. Nota matematica: poco tempo fa i tassi erano al 6% (l’Italia pagava ancora titoli dello Stato di vecchia emissione al 15%) e si diceva che il debito pubblico non si poteva abbassare perché il capitolo di spesa più elevato (ben 137 miliardi di euro l’anno) era dato dagli interessi passivi. Quando i tassi dal 6 sono passati a zero, vi è arrivato in tasca qualcosa? Non capisco come mai adesso che passano da zero a qualcosa più di zero (anche ora gli ultimi titoli a dieci anni ci permetteranno di pagare interessi molto bassi per diversi anni ancora prima che l’aumento dei tassi produca i suoi effetti), perché dovremmo preoccuparci noi …, o meglio, noi che non siamo delle banche? Mi sento in questo momento di dover dare, su questo tema, una mia opinione da cittadino, ma soprattutto da imprenditore di un’azienda che fa regolarmente uso dei capitali di terzi per il funzionamento. Certo, invece, non mi permetto di dare un’opinione politica perché magari quella può darla chi più di me se ne intende. Cominciamo dai tassi di interesse. Io sono nato come imprenditore quando i tassi di interesse erano al 22%. Ho preso a prestito soldi dal 14 al 18% per la maggior parte della mia carriera imprenditoriale che dura da 50 anni, e, per la verità, sono confuso adesso che i tassi sono praticamente a zero. Eppure, la mia azienda è nata senza capitale, io di famiglia non avevo denari più di quelli che mi poteva prestare mio padre che era fornaio, e lavorando con 49 anni di utile e nessuno di perdita ho accumulato un patrimonio netto nella mia azienda che mi permette di avere oggi un rating A. Quindi, primo insegnamento che può arrivare dalla mia indole commerciale (la mia azienda è un’azienda produttiva, ma la mia propensione personale è quella del rapporto con il cliente più che con i numeri), è: “Se l’economia tira, i tassi di cui si parla in questi giorni fanno ridere”. Se invece l’economia non tira:

• i fatturati è sempre più difficile farli;

• i clienti vanno in crisi e non ti pagano;

• le banche invece che prestarti i soldi per lo sviluppo, li tirano indietro per aggiustare il loro CoreTier1;

• i concorrenti vanno in crisi e, con le procedure concorsuali che permettono loro di non pagare i fornitori,  a) diventano più competitivi; b) nuovi fornitori concedono loro dilazioni maggiori di quanto non concedano a me perché dopo la ristrutturazione non hanno debiti; c) hanno potuto tenersi i dipendenti migliori e si sono liberati delle zavorre dei dipendenti fannulloni. BEATI LORO.

Seconda cosa, parliamo di Europa. Io ho passato la maggior parte della mia carriera di imprenditore con la Lira. Essere passati al Mercato Unico e poi alla moneta unica per noi è stato un beneficio immenso. Non oserei, con la burocrazia di adesso che si è centuplicata, dover ritornare a fare dogana per merci vendute (esportate) in Europa e gestire listini diversi. Dovrei immediatamente aprire una filiale nella qui vicinissima Carinzia e gestire il mercato europeo da lì. Ma se mi dicono che l’Euro è quello che ci ha dato i tassi bassi (parlo sia per i titoli di Stato Italiani che per i prestiti che ogni giorno le banche fanno alla mia azienda) e che l’Europa è quella che ci ha “regalato” la sostenibilità del debito pubblico, su questo ho molto da ridire. Per la verità avevano convinto anche me sulla veridicità di queste affermazioni, ma recentemente mi devo ricredere. Da circa 15 mesi ci hanno preallertato dicendo: “finché abbiamo il nostro ottimo Dott. Draghi in Europa (che approfitto per ringraziare per l’immenso bene che ha fatto per l’Italia, per la nostra reputazione e per il nostro onore), tutto andrà bene, ma poi il QE finirà e finirà la pacchia per tutti”. E lo dicevano ancora prima di queste ultime elezioni, quindi nulla di questa affermazione ha a che fare con i cambiamenti in atto. Ma allora, il benessere dell’Europa sulla sostenibilità del debito pubblico, di un’Europa che soccorre i più deboli e li aiuta a crescere c’è solo quando hai al posto di comando il tuo uomo? Ora invece ci stanno perfino minacciando: se non continuate la strada virtuosa di contenimento del debito pubblico (leggasi austerity), gli spread esploderanno. Ma allora, è l’Europa che ci tiene bassi i tassi o è il nostro virtuosismo che potremmo decidere di fare anche autonomamente? Tra l’altro, se noi potessimo ponderare politiche economiche con politiche monetarie (che invece con l’Euro non possiamo fare neanche minimamente), potremmo fare le cose con impatti meno drammatici nel breve periodo e prenderci i tempi per aggiustare le cose più gradatamente. Torno a dire che io, come imprenditore, voglio rimanere in Europa e voglio rimanere con l’Euro, ma se dovessi essere senza euro e senza Europa, un vantaggio c’è: che il nostro Draghi non se lo tengono loro: ce lo riportiamo a casa noi, e lui, ha dimostrato non a me misero imprenditore, ma alla finanza del mondo, di essere il migliore e di non farsi pestare i piedi. E chissà quanti altri ottimi uomini di finanza abbiamo in Italia che non sono emersi perché non si aveva l’acqua alla gola. E quelli che vediamo ora hanno imparato a non farsi pestare i piedi. E come imprenditore vi dico che, se abbattiamo la burocrazia, e ridimensioniamo la spesa pubblica quel che basta per abbassare un po’ le tasse, noi possiamo avere una Lira più forte dell’Euro, tanto, quelle aziende che sono ancora in piedi oggi in Italia, sanno competere nel mondo anche senza svalutazione, che manca ormai da un ventennio, avendo, tra l’altro, perso quell’abilità necessaria per avvantaggiarsene. Avere una Lira più forte vuol dire avere un debito pubblico che si riduce da solo. Ma per averla forte bisogna lavorare, e lavorare tutti. Morale della storia: il nostro destino non dipende né da spread né da euro, né da colore di governo: dipende solamente da capacità di produrre valore aggiunto (quindi di come e quanto sapremo lavorare) e quanto sapremo fare economia delle spese inutili. Nota matematica: poco tempo fa i tassi erano al 6% (l’Italia pagava ancora titoli dello Stato di vecchia emissione al 15%) e si diceva che il debito pubblico non si poteva abbassare perché il capitolo di spesa più elevato (ben 137 miliardi di euro l’anno) era dato dagli interessi passivi. Quando i tassi dal 6 sono passati a zero, vi è arrivato in tasca qualcosa? Non capisco come mai adesso che passano da zero a qualcosa più di zero (anche ora gli ultimi titoli a dieci anni ci permetteranno di pagare interessi molto bassi per diversi anni ancora prima che l’aumento dei tassi produca i suoi effetti), perché dovremmo preoccuparci noi …, o meglio, noi che non siamo delle banche?

di Nereo Marzaro