AGLIO

Non vi è al mondo pianta più odiata dell’aglio, uno dei motivi di avversione è il suo odore acre e pungente. Per far crescere l’aglio senza odore Plinio il Vecchio consigliava di seminarlo quando la luna si trovava sotto l’orizzonte e di raccoglierlo quando era in congiunzione con la Terra. Il greco Menandro invece affermava che in mancanza di questi accorgimenti chi mangia l’aglio può eliminare l’odore se dopo mangia una radice di bietola arrostita sulla brace. Considerata pianta connessa al mondo degli inferi era offerta dai Greci alla dea Ecate. In Egitto gli adoratori di Osiride, il dio protettore dei morti, si adornavano con ghirlande d’aglio e cipolle. I faraoni e i sacerdoti invece non mangiavano aglio perché lo ritenevano sgradito agli dei celesti, ma lo davano insieme con la cipolla agli schiavi che costruivano le piramidi per preservarli da infezioni. Plinio il Vecchio riferiva che alleviava l’asma se veniva cotto, sebbene vi fosse chi lo riteneva più efficace crudo. Molto probabilmente il potere contro streghe e vampiri era legato alle sue proprietà antibatteriche in quanto questi spiriti erano considerati dei parassiti. Le tradizioni popolari hanno da sempre usato l’aglio contro tutte le forme di possessione e maleficio; è il mezzo più facile di difesa contro i vampiri: inghirlandando le finestre si impedisce al vampiro di entrare nel luogo abitato, togliendogli dunque la possibilità stessa di nutrirsi. Per questo motivo si consigliava anche di portarlo sotto la camicia nella notte di S. Giovanni per difendersi dalle streghe che passavano numerosissime nel cielo recandosi al gran sabba annuale.

CIPOLLA

Al pari dell’aglio, la cipolla era considerata efficacissima contro i malefici delle streghe e le opere di spiriti diabolici. Ma bisognava coglierla, come l’aglio, a luna calante, quando era sottratta all’influenza malefica di Ecate e del suo corteo. In Grecia la cipolla era consacrata alla dea Latona, madre di Apollo e di Artemide, una delle personificazioni della Grande Madre, che l’aveva adottata perché si favoleggiava che quando era rimasta incinta, soltanto una cipolla le aveva di Angela Ruzzante stimolato l’appetito. I pitagorici se ne astenevano perché cresceva quando la luna era calante ed eccitava la sensualità, credenza espressa anche dal poeta latino Marziale: “Quando hai moglie vecchia e membro molle non ti resta che mangiar cipolle”. Che fosse un cibo connesso alla generazione lo conferma anche Ateneo quando riferisce un’usanza nuziale dei Traci: Ificrate, sposando la figlia del re Cotys ricevette fra gli altri doni nuziali un vaso pieno di cipolle. Alla cipolla si sono attribuite virtù magiche. Ma prima di adoperarla la si doveva purificare passandola su una fiamma alimentata anche dai suoi veli non utilizzati. Combatteva i disturbi, le irritazioni o i bruciori provocati dal malocchio: bastava mangiare cipolle bollite, bevendone anche l’acqua. In Sicilia si applicava la cipolla alle punture di vespe ripetendo questo scongiuro per tre volte “San Paolu fici ‘a vespa e san Paolu l’addummò (S. Paolo fece la vespa e S. Paolo la domò)”. La cipolla era anche strumento di pratiche divinatorie. Le ragazze indecise fra vari pretendenti incidevano su varie cipolle l’iniziale del nome di ogni spasimante, poi le sistemavano su un’asse del solaio: la cipolla che per prima germogliava, corrispondeva all’uomo da scegliersi come fidanzato. In Veneto, si mette il sale in dodici veli di cipolla, ognuno dei quali simboleggia un mese dell’anno. Esposti all’aperto nell’ultima notte dell’anno, vengono controllati il mattino seguente: saranno piovosi i mesi nei quali il sale si sarà sciolto, secchi quelli in cui sarà rimasto più o meno consistente.

LA LEGGENDA DELLA MADONNA DELLE CIPOLLE

Una leggenda narra che un giorno un parroco avaro aveva chiamato un pittore a dipingere una Madonna nella propria chiesa. Oltre a versargli un modesto compenso lo alloggiava e manteneva nella canonica; ma per risparmiare il più possibile gli dava poco da mangiare, spesso soltanto pane e cipolle. Il pittore cercò garbatamente di fargli capire che il cibo era insufficiente, poi protestò apertamente. Non c’era verso, però, di convincere quel prete così avaro, sicché l’artista fu costretto a rassegnarsi alla imprevista quaresima; ma volle architettare una vendetta: volle che nessuno, nemmeno il parroco, s’intrufolasse dietro i teloni dove egli lavorava: l’opera si sarebbe ammirata soltanto il giorno dell’inaugurazione. Quando la mattina della festa l’affresco fu scoperto, la gente rimase di stucco nel vedere angeli, santi e figure del dipinto un po’ disgustati nell’espressione dei volti; in particolare la Madonna che addirittura si voltava, quasi fosse disturbata da un odore sgradevole. Mentre i fedeli scoppiavano a ridere, il prete corse dal pittore che era già salito a cavallo e stava per partire. “Che volete” rispose l’artista “con tutte le cipolle che mi avete costretto a man-giare quella povera gente non ne poteva più del mio alito cattivo e si difendeva come poteva. Così mi sono venuti tutti in quell’atteggiamento, compresa la Madonna che, trovandosi nel mezzo, era quella che soffriva di più”.

Angela Ruzzante