In questo numero vorrei analizzare le caratteristiche dei vini che vengono consumati dai vegetariani e dai vegani, tenendo conto che, come è noto, le scelte di questi ultimi sono molto radicali e si spingono al punto di non accettare sia prodotti di derivazione animale in qualsiasi forma sia l’utilizzo degli animali nella lavorazione della vigna. Semplificando (la situazione è piuttosto complessa e per certi versi in divenire), i vegetariani si distinguono dai vegani perché, a differenza di questi ultimi, accettano di consumare prodotti di origine animale, come i latticini e le uova. I vegetariani, attenti come sono alle scelte alimentari, preferiscono solitamente i vini biologici. I vini “bio” devono provenire da un’agricoltura che sfrutta la naturale fertilità del suolo, tutela la biodiversità di un territorio e adopera esclusivamente concimi organici, rame e zolfo; inoltre, il disciplinare prevede che le quantità di anidride solforosa usate in cantina debbano essere molto limitate e consente l’utilizzo  i albumine derivate dall’uovo e di caseina per ottenere la chiarificazione del vino (precipitazione dell sostanze intorbidanti). Questi vini possono quindi tranquillamente essere consumati dai vegetariani, anche se va specificato che alcune sostanze chiarificanti a base di ossa o di chitina possono non essere accettate da alcuni vegetariani. Per preparare vini adatti ai vegani è invece importante non utilizzare in cantina nemmeno prodotti come l’albumina, la caseina del latte e la colla di pesce, che vengono sostituiti da prodotti minerali come l’argilla, la bentonite, il carbone vegetale, le terre di Spagna e il caolino. Alcune certificazioni di qualità garantiscono che il prodotto non sia stato chiarificato con sostanze di origine animale. Non pochi vegetariani e vegani apprezzano i vini biodinamici, la preparazione dei quali si basa sulla visione filosofico-spiritualista di Rudolf Steiner, forse più famoso per aver ideato il metodo pedagogico detto appunto “steineriano”. Non di rado i produttori di vini biologici seguono, in tutto o in parte, le indicazioni della biodinamica, specie quelle che possono essere ricondotte a pratiche tradizionali, come il seguire le fasi lunari nei passaggi della realizzazione del vino.  ul mercato possiamo trovare prodotti molto interessanti che si rifanno alle certificazioni come quelli della Cantina di Aldeno, certificata Bio-Vegan, che produce vini che esprimono un territorio come lo Chardonnay il Gewurztraminer, Cabernet e Pinot nero. Interessante è il lavoro che sta facendo Gravner, un naturalista che è diventato, attraverso la sua filosofia di vita, un’icona del bere naturale. Da seguire è anche Emidio Pepe: questo produttore di Torano Nuovo di Teramo non utilizza nessun prodotto sistemico e ha fatto dei suoi Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo due vere e proprie icone per i consumatori di  vino “naturale”. L’azienda La Distesa di Corrado Dottori, un  produttore di Cupramontana nel cuore del territorio del Verdicchio, ha sempre creduto nel biologico e nel biodinamico; produce il Castelli di Jesi Classico gli Eremi Riserva, oltre al Terre Silvate e al Nocenzio, un uvaggio di Montepulciano, Sangiovese e Cabernet Sauvignon. La Marca di San Michele, condotta da Alessandro e Beatrice Bonci e da Daniela Quaresima, ha scelto la via della sostenibilità;  tante soddisfazioni gli sta portando il “Capovolto” un Verdicchio molto intrigante e per certi versi un po’ “estremo”, ma allo stesso tempo dotato di grande personalità. Da segnalare è Pievalta di Barone Pizzini a Maiolati Spontini, forse colui che ha dato la svolta a questo territorio indirizzandosi verso la biodinamica, produce un Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore “DOMINÈ” straordinario e il San Paolo Castelli di Jesi Verdicchio Riserva, una vera e propria eccellenza del biologico marchigiano.