Il piatto unico è – o dovrebbe essere – un piatto completo ed equilibrato dal punto di vista nutrizionale, con il fabbisogno energetico coperto nella giusta proporzione da carboidrati, proteine e lipidi. Aspetto ben noto e correlato è l’abbinamento tra cereali e legumi per avere il corretto apporto di amminoacidi essenziali (ciò che manca da una parte si trova dall’altra). Questi piatti appartengono molto facilmente alla tradizione dei nostri territori, e non solo. Risulta alquanto difficile classificarli, possono essere inseriti – con porzioni ridotte – tra i primi (es. minestra di pasta e fagioli), ma anche tra i secondi piatti (es. spezzatino con polenta). La realtà è che dovrebbero essere una portata unica. Oggi potremmo inserire nel gruppo anche le insalatone, più o meno variegate e complesse, ma facilmente carenti di storia. Per quelli “storici”, potremmo leggere una storia di povertà e di carestia e, dunque, di sopravvivenza con quanto si rendeva disponibile. In questi casi, i concetti di stagionalità e di “kilometro zero” sono ben presenti. Non dimentichiamo poi la lotta allo spreco: sto pensando ad un piatto fantastico assaggiato nel Viterbese, “acquacotta del Buttero”. Ingrediente di fondo (nel vero senso del termine): una fetta di pane raffermo, coperta poi da una minestra di verdure, variabili a seconda della stagione, con aggiunta di legumi e di un uovo, senza dimenticare il pecorino. Che dire poi degli aromi (mentuccia) e delle erbe selvatiche (portulaca oleracea). Si tratta della ricetta tipica? Chissà se ne esiste una…Per come saziava, possiamo sicuramente affermare che non era il caso di considerarlo un primo piatto cui far seguire un secondo ed un contorno. Lo stesso possiamo affermare della pizza: è un piatto unico? Normalmente è considerato tale. Copre il fabbisogno energetico? Certamente. Sazia? Dipende dagli ingredienti: non basta sicuramente riempire lo stomaco; anche le papille gustative vogliono soddisfazione. Dal punto di vista nutrizionale siamo ancora sulla retta via, con i macronutrienti nella giusta proporzione? Questo aspetto passa decisamente in secondo piano, anche se, in questo caso, con le “pizze gourmet” si cerca generalmente di “aggiustare” la quota proteica o le fibre vegetali. Allora quale collocazione per un piatto unico? Piatto della tradizione, più o meno rivisitato? Oppure piatto complesso, si spera completo, per un pasto veloce? Forse un po’ tutte, ma una collocazione estremamente difficile è nella ristorazione collettiva, in quella scolastica in particolare. I molti tentativi d’inserimento nel menu settimanale, seguendo le varie linee guida (proiettate spesso verso aspetti meramente matematici della proposta), finiscono con il naufragio tra le mille contestazioni dei genitori, spesso anche di molti insegnanti (intenzionalmente, non ho utilizzato il termine “educatore”), a causa delle informazioni carenti (anche la storia di un piatto contribuisce all’educazione alla corretta alimentazione). Poi, diciamolo pure, anche i gestori spesso ci mettono lo zampino…
Veramente unico?
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