Non sono realmente avvezzo alla cucina di pesce d’acqua dolce, nonostante il mio hobby sia la pesca alla carpa. A dire il vero, però, mi piace farle una foto ricordo per poi rilasciarla piuttosto che metterla in padella. Ovviamente, nella mia carriera ho avuto comunque a che fare con i pesci d’acqua dolce in cucina: quale cuoco, per fare esempio, non ha mai lavorato un salmone? Se nello specifico parliamo di Pacojet, si possono fare con grande facilità molte cose. Per dire, se mettiamo in un barattolo Pacojet del salmone affumicato, un po’ di burro, della panna, olio, sale e pepe, ecco che lavorando il tutto con la lama fresca possiamo ottenere in un batter d’occhio una mousse buonissima. Una cosa, se volete, anche banale, già vista, perciò andiamo oltre, anche perché io amo complicarmi un po’ la vita sperimentando nuove soluzioni. Ma se cogliete tra le righe, anche se non ci sono grammature, vi ho già dato un ottimo spunto replicabile ovviamente anche con altri pesci e prodotti in genere. L’anguilla forse è l’unico pesce di acqua dolce che abbia mai suscitato in me un reale interesse. In questi ultimi anni l’ho cucinata spesso e in diversi modi. Adoro la sua reale diversità, rispetto a un pesce di mare, non solo dal punto di vista organolettico ma soprattutto sotto il profilo strutturale e, cioè, a livello di forma e tessitura delle carni. Un altro pesce inusuale che mi è passato sotto le mani è lo storione. In una settimana dedicata alla gastronomia italiana trascorsa nel ristorante di un amico russo avevamo pensato bene di sostituirlo ad un carpaccio di ricciola. Di quell’esperienza ricordo solo che anche dopo sfilettato – cosa non del tutto facile vista la sua pelle davvero coriacea – il filetto continuava a divincolarsi sopra al tagliere come in un film horror! Davvero un pesce “nervoso”, pensai. In effetti, le sue fasce muscolari ricche di nervi lo rendono estremamente difficile da lavorare. Ecco perché di lui si conoscono quasi esclusivamente le sue uova. Ed è proprio dal caviale che mi sono lasciato ispirare per questa ricetta. Come in tanti sapranno con il termine “caviale” si intende una preparazione a base di uova di pesce salate e quindi non per forza di storione. Nello specifico, in effetti, ho deciso di prendere in considerazione quelle di coregone, vera e propria star nel panorama dei pesci di acqua dolce. Finissime e di colore aranciato con riflessi rosati, queste uova non hanno troppo da invidiare alle sorelle più conosciute. Le contraddistinguono, a livello palatale, una grassezza e una rotondità straordinaria che con l’aiuto del sale riescono a far fibrillare anche le papille gustative più sofisticate o stanche dell’usuale. L’unico punto debole, se così vogliamo definirlo, è la loro dimensione. Come accennavo sopra sono davvero piccolissime e quindi spesso, se assunte nella loro forma naturale, rischiano di scivolare direttamente in gola senza avere la possibilità di romperle con i denti e perciò l’80% del loro reale sapore passa inosservato. Da qui l’idea di ottenere una purea, una crema, di queste perle preziose…ma come? Dotate di una membrana sottile, ma al tempo stesso resistente, anche frullandole con i classici cutter, robot da cucina o frullatori ad immersione, non riusciremmo ad ottenere una purea liscia e vellutata. Solo setacciandola potremmo ottenere un buon risultato scartandone comunque un tot e, visto il loro prezzo, non del tutto conveniente. Per non parlare del fatto che trattandosi di uova di pesce, frullarle porterebbe ad un surriscaldamento che, per quanto minimo, ne andrebbe ad intaccare le caratteristiche organolettiche. Grazie al Pacojet, tutto questo diventa un gioco da ragazzi: basta mettere le uova in un bicchiere, congelarle e passarle alla macchina. Nel giro di pochi minuti la consistenza tipo gelato comincerà a fondere lasciandovi una crema perfettamente liscia e piena del suo gusto. Adoro attuare questo processo per tutto quello che richiede: un tempo lungo di setacciatura, per crema di carciofi esempio, o dove è veramente necessario avere il massimo della raffinazione. Per la ricetta che vi propongo l’idea è quella di abbinare un prodotto del tutto sapido e iodato, come le vongole, alla cremosità e grassezza della crema di coregone, il tutto rilanciato da aromi agrumati di limone e zenzero. Quale migliore elemento se non il riso per adagiare la nostra tavolozza di sapori?
Ingredienti per 4 persone: Riso Carnaroli 200 g; acqua di vongole 200 g; fumetto di pesce 300 g; vongole aperte n. 60; crema di uova di coregone 60 g; pelle di limone n. 2 ; zenzero fresco 30 g; prezzemolo 10 g; sale q.b.; pepe qb.
Preparare un brodo con l’acqua di vongole, il fumetto, la pelle di due limoni, lo zenzero e i gambi di prezzemolo. Cucinare il risotto mantecandolo alla fine con olio extra vergine d’oliva, il prezzemolo tritato e, se si vuole spingere un po’ più sul sapore, con una punta di crema di uova di coregone. Mentre il riso cuoce scottare per circa 30 secondi le vongole in acqua bollente salata e raffreddarle immediatamente in acqua e ghiaccio. Con l’aiuto di uno spelucchino aprirle una ad una, estrarre la polpa e mantenerla in un goccio di acqua di vongole fredda. Come detto sopra, mettere le uova di coregone in un barattolo Pacojet, congelarle e pacossarle. Impiattare il riso, aggiungere una grattata di pelle di limone e le vongole. Completare con una macinata di pepe fresco e la crema di uova di coregone.