L’importanza del “desservir”

creativo-fine-pasto-renzetti_articoloA fine pasto, come piatto da convivio o ospitalità, il dolce è sempre stato qualcosa di importante per l’appagante sensazione che questa preparazione conferisce al palato. Il “desservir”, termine francese che annunciava la fine del servizio, ha sempre contraddistinto un momento di grande rilassamento e dell’inizio delle conversazioni meno impegnative. Tutto questo non è sempre stato obbligatoriamente dolce, ma comunque adatto alla fine del pasto; formaggio, frutta fresca, dolce o gelato hanno rappresentato e rappresentano l’importante titolo “fine delle libagioni”. L’unico dolcificante che si conosceva in Europa prima delle crociate era il miele. Solo dopo il rientro dei cavalieri con la croce si impiantò la canna da zucchero nel Mediterraneo che Cristoforo Colombo poi portò nelle Americhe. Oggi è sempre più difficile stupire. Il dessert deve essere cremoso, croccante, giustamente dolce, magari con note di sapidità e spezie. Molti grandi pasticceri interpretano questo campo generando preparazioni ottime e spettacolari. E al bar? Oggi è tutto molto più semplice con gli addensanti naturali, albumine, senza problemi di conservazione e texture. Basta creare la base – frutta fresca, yogurt, cocktail, cioccolato, uova – e possiamo addensare qualsiasi ricetta vogliamo, generando piacevoli connubi in tempo reale per allargare le nostre proposte al bar: creme bavaresi, panne cotte o far
citure per pan di Spagna e paste sfoglie. Possiamo fare al bar mini dessert anche con poco tempo e spazio a disposizione. I jell’o shot, ad esempio, sono cocktail solidi estremamente divertenti che possono essere serviti con un cucchiaino anziché nel bicchiere: con la texture 1 possiamo addensare in modo limpido come fosse una gelatina, con la texture 2 invece possiamo ottenere tutti gli addensamenti per avere cremosità e aggiungendo o diminuendo il preparato possiamo gestire le densità. Facile, veloce, comodo.