“E come l’amo il mio cantuccio d’orto col suo radicchio che convien ch’io tagli via via; che appena morto, ecco è risorto.”
Giovanni Pascoli
Parliamo di ortaggi ovviamente ripieni di tutto, e di verdure crude o appena scottate.
Sono osservazioni su una gastronomia che si è fatta da sola correndo nei tempi che hanno sempre avuto fretta.
E finalmente ha modificato anche il mangiare.
L’orto, “efficiente laboratorio che ha trasformato semplici colture botaniche se non esclusivamente farmaceutiche e che ha accolto sempre nuove specie e varietà”.
Tutti con una storia, anzi con mille storie che in fondo sono le stesse dell’uomo prima che si votasse, con tardivi pentimenti, alla carne da cacciare prima e poi da allevare, comunque da moltiplicare per le sue crescenti pretese alimentari.
E questo fin dall’antichità, con l’indispensabile aiuto iniziale degli animali da traino per condurre piccoli aratri e dissodare i terreni dove seminare verdure commestibili.
Ed ecco la civiltà contadina che trasforma prodotti ancora esotici come melanzane e carciofi e finalmente patate, pomodori, zucche, tutti scoperti nei nuovi mondi.
Ma forse prima ancora siamo alle erbe raccolte in fossi e campi e maltrattate dalla prima medicina (“una buona insalata è l’inizio di una cattiva cena”).
E poi finalmente all’orticoltura.
Dove? L’Italia in fondo è tutta un orto da nord a sud con i suoi mille colori e profumi esaltati dalle trasformazioni e dalle elaborazioni gastronomiche, dai climi e più spesso dagli appetiti.
Ne hanno scritto tutti.
Tra i primi il solito Apicio, (forse coetaneo di Augusto) che aveva dedicato una parte delle sue conoscenze vegetariane alla cucina imperiale con l’esaltazione di zucche, asparagi, cime di rapa, cavoli… E poi tutta la sfilza di grandi cuochi che hanno diffuso quindi arricchito la cucina: Cristoforo di Messisburgo, Romeo Scappi, il Platina, mastro Martino, tutti impegnati nelle cucine dei grandi tanto per restare nel ricco Rinascimento E poi perfino il grande botanico bolognese Piero dé Crescenzi, che esalta l’orticoltura dei cui prodotti suggerisce precise indicazioni di validissimo valore scientifico.
E tanti ancora ad aggredire antiche fami, sicuri appetiti e infine ricercate golosità.
Ortaggi coltivati da imbottire la fantasia e verdure spontanee quasi si confondono oggi grazie ai mercati moltiplicati, alle importazioni, alle colture raffinate e perfino a una diffusa letteratura specializzata per la gioia di moltitudini di cuochi.
E perfino di continue accattivanti tentazioni delle troppe emittenti televisive spesso esaltanti presunte professionalità… Difficile anche una sola passeggiata ideale tra le cucine regionali per la loro preziosa e spesso irriconoscibile varietà.
Sono spesso retaggi culturali tanto profondi da modificare perfino radicati linguaggi trasformandoli da colorite e spesso identificabili espressioni spesso incomprensibili in vere e proprie lingue anche se appena traducibili.
Ma come si sa spesso mangiamo semplicemente Storia.