Nel 1998 quando entrò in vigore il D.Lgs. 155/97, norma che rese obbligatoria l’applicazione di procedure di autocontrollo ispirate al sistema HACCP, anche i fruttivendoli furono chiamati sui banchi di scuola per formarsi/aggiornarsi. Sembrava un’impresa facile: che problemi possono mai avere? Lo stoccaggio in cella frigorifera di frutta e verdura non viene considerata risolutiva ai fini della salubrità del prodotto, ma ne garantisce il mantenimento (ed il prolungamento) della vita commerciale. Tutto ciò vale per i prodotti integri, non lavorati, mentre la refrigerazione è fondamentale per semilavorati o prodotti pronti all’uso come possono essere un miscuglio di verdure fresche mondate e tagliate per i minestroni o le insalate di IVa gamma. Un primo problema riguardò l’eventuale obbligo – se l’operazione non veniva svolta al bancone di vendita di fronte al cliente – di effettuare tali operazioni di cernita, mondatura, sezionamento ed imballaggio (“pre-incarto”) in laboratorio munito di autorizzazione sanitaria (ora registrazione). Anche la preparazione del cuore o del fondo di carciofo finisce nell’occhio del ciclone: generalmente ne viene/veniva tollerata la preparazione al momento della vendita, come se si trattasse di fare la toelettatura di un cespo di lattuga, eliminando le foglie esterne rovinate. È ovvio che questa organizzazione del lavoro non appare come la più razionale: mica si devono fare attendere i clienti! Allora questi cuori e questi fondi di carciofo conviene prepararli prima e farli trovare già pronti. Per evitare l’ossidazione basta tenerli in ammollo in acqua e limone. Lascio in bella vista anche il limone e così la mia casalinga è contenta! Tutto semplice e scontato? Non avete idea di quanti trucchi si possono imparare da un gruppo di fruttivendoli, una volta conquistata la loro fiducia. Acqua è limone è da ingenui. Vi sono sistemi molto più efficaci, come per esempio l’anidride solforosa. Il nostro amico fruttivendolo non è generalmente preciso come un enotecnico e di conseguenza è realistico ipotizzare un dosaggio un po’ approssimativo… Riteniamoci fortunati, nella miglior delle ipotesi, se possiamo vedere l’indicazione sul cartello di vendita della presenza dell’allergene (“contiene anidride solforosa” o “contiene solfiti”), che diventa in questo caso IL PERICOLO per la salute del consumatore (non minacciata soltanto da microrganismi). La fantasia non ha però limiti: c’è anche chi ha pensato bene di ispirarsi alla mamma o alla moglie. La mamma usava l’acido salicilico nella preparazione domestica della passata di pomodoro, mentre la moglie metteva l’aspirina (acido acetilsalicilico) nell’acqua dei fiori recisi per prolungarne la vita. Il passo è purtroppo troppo breve e così l’aspirina finisce nell’acqua dei carciofi… In etichetta o sul cartello di vendita? Cosa si scrive: “contiene aspirina”? Oppure “contiene acido acetilsalicilico”? Probabilmente niente, con tanti auguri ai clienti allergici o intolleranti a tale composto chimico. La raccomandazione è abbastanza scontata: se non si pensa di avere il tempo di prepararli partendo dal fiore intero, scegliere fondi o cuori di carciofo con la carta d’identità, ovvero con etichetta sulla confezione o sul contenitore riportante chiaramente l’elenco degli ingredienti e, dunque, degli additivi presenti, preferibilmente con il nome indicato per esteso, anziché con la sola sigla (es. antiossidante: ac. ascorbico, anziché soltanto E300; correttore di acidità: ac. citrico, anziché soltanto E330).

Luigi Tonellato