Un frutto di passione, di seduzione, ti conquista a tal punto da non saper come fare per dire: “Basta!” O le finisci oppure le devi nascondere. Parto da queste affermazioni perché credo che la ciliegia sia l’unico frutto che, pur avendo diverse varietà, produce lo stesso effetto: “Una tira l’altra”! In effetti, in Italia abbiamo diverse varietà di ciliege che si fan notare sugli alberi per cromie, per forme e per profumo. Hanno tutte il nocciolo, ma quando le metti in bocca puoi scoprire i molteplici sentori, dall’asprigno al dolce persistente. Credo, poi, che sia il frutto meno lavato per eccellenza: le tiri giù dall’albero, alcune cadono nella cesta, altre direttamente in bocca, in molti casi si fanno fagocitare con tutto il nocciolo. Qualcuno da bambino giocava con gli amici a chi riusciva a “sputacchiare” il nocciolo più lontano degli altri. Da ragazzo, in diverse occasioni andavo a raccogliere le ciliegie, perché a casa mia era un rito fare le ciliege sotto spirito per l’inverno. Non era sempre facile raccoglierle, a volte dovevi salire su scale un po’ alte. Se avevi il cestino un po’ grande dovevi fare attenzione, ne mangiavi poche e molto spesso trovavi ciliegie già beccate da qualche uccello. Nel 1984 partii per Washington DC e rimasi fulminato dallo spettacolo dei ciliegi in fiore, più di tremila alberi in fiore, regalo del Giappone all’America. Adoravo quegli alberi di ciliegio made in Japan, pensavo: “Pancia mia fatti capanna!”. Ma quei ciliegi giapponesi in fiore, un “must poetico”, erano tutti alberi sterili, non avrebbero mai donato le loro ciliegie a nessuno, neppure a me che attendevo pomeriggio dopo pomeriggio di trovarne qualcuna. Danno e beffa tutt’uno, per due notti non riuscii a chiudere occhio. Ma entriamo nel vivo di come trattare queste “perle dalle multi-cromie di tonalità di rossi, gialli, rosa”: Lavarle in velocità, meglio sotto un getto di doccia delicato; fare attenzione ad eventuali sorprese interne; non sovrapporle, mai ammucchiarle; è sempre necessario aprirle, disporle, su ampi ceste o vassoi, su teli di cotone e all’aria corrente. Le ciliegie con il “peduncolo” dureranno di più nel tempo e poi, il peduncolo non andrà buttato via perché fa bene se ne beviamo la sua tisana. Non parliamo poi del nocciolo che, se ben curato in masticazione, messo da parte ben seccato, pulito e posto in sacchetto di cotone doppio può avere un ottimo utilizzo. Infatti, se riscaldate bene il sacchetto di noccioli di ciliegia al microonde per 3 minuti a 600watt, avrete trovato la giusta cura per i malori di cervicale e di postura scheletrica per tutte le età, ma anche per altre patologie. Poi la polpa di ciliegia, di quelle giuste, è eccellente per le nostre confetture: marmellata sana, profumata, facile da fare anche in casa, salubre perché richiede molto meno zucchero, di altra frutta per la sua produzione. Ciliegie sotto spirito o grappa sono di tipiche tradizioni dei territori d’Italia, rigorosamente fatte in casa, da servire a fine pasto, ma anche dopo il caffè. Ciliegie sciroppate rese, oltre che golose, anche medicamentose. Le ciliegie le troviamo poi in famosi liquori quali Ratafià di Andorno, Maraschino, l’Acquavite Kirschwasser, o nei più noti e diversi Cherry. Questi ultimi, tanto amati dalle signore al tavolo del bridge insieme ai biscotti al burro. È obbligo citare le ciliegie candite o melassate, grandi protagoniste di molti prodotti di pasticceria rustica e raffinata. Ecco perché il detto: “la ciliegina sulla torta”. A tutti vengono in mente quelle sciroppate, già famose nell’industria dei primi del ‘900, della nota Fabbri, consumate su tutti i gelati nel mondo. E poi accenniamo all’uso delle ciliegie nei menu dei nostri chef. Sempre più cuochi creano ricette golose per piatti tradizionali o innovativi, dal dolce all’antipasto; ordine inverso per partire dalla famosa   per poi arrivare alla “anitra con le ciliegie IGP di Vignola”, al “risotto con ciliegie e formaggi erborinati”, alla “quiche di marasche e prosciutto di York”. Quindi, mai dire: “Basta ciliegia!”.