Insaccati è senz’altro corretto, ma suona troppo tecnico; chi chiederebbe mai un panino con dell’insaccato? Ma con dell’affettato, vuoi mettere? Cambia tutto. O il cameriere sorridente che propone “Cominciamo con degli affettati? Un bell’antipasto all’italiana?”. E’ un altro mondo ed io immagino mortadella, pancetta, coppa, ossocollo, sopressa e via andare fino a lui, il salame, l’insaccato per eccellenza, simbolo della categoria, sintesi e compendio di tutti i confratelli, così numerosi che l’elenco completo occuperebbe il piccolo spazio a me riservato per questa nota. Quell’antipasto in inglese è “cold cuts”, poco coinvolgente, quasi chirurgico (tagli freddi), mentre i francesi lo chiamano “assiette anglaise”, chissà poi perchè visto che l’hanno inventato loro, credo sarebbe più giusto “assiette française”. Su tutti comunque c’è lui: il salame, che nel mondo intero, o quasi, diviene “salami”, solo una piccola modifica alla vocale finale, che riconferma la paternità italiana e che spesso arriva a comprendere molti suoi fratelli e cugini. Sappiamo bene che l’internazionalizzazione di quel salame ha portato conseguenze, sovente nefaste, come per altri numerosi nostri cari prodotti alimentari. Se nel menù a Bangkok leggete “italian salami”, dubitate gente, dubitate. E’ bello riandare alla dolce filastrocca per bambini: “Dice il pollice, che fame! Porta l’indice un salame, ma il medio e l’anulare non lo vogliono affettare. Lesto lesto mignolino scappa via col salamino”. Al liceo, l’inizio del VII canto dell’Inferno nella Divina Commedia: “Pape Satàn, pape Satàn aleppe” diveniva “Pane e salam, pane e salam a fette”; un approccio molto particolare al sommo Poeta. Ma il migliore salame che io ricordi non era commestibile; era la “firma” che il grande Benito Jacovitti (1923-1997) infilava nelle vignette del suo più famoso personaggio di fumetti per ragazzi (e non): Cocco Bill, il mio eroe.