Se dico che non solo il gusto, ma le caratteristiche tutte, di frutta e verdura dipendono dal territorio, dalla composizione del terreno, dalle caratteristiche geomorfologiche, dalle condizioni di insolazione, dalla possibilità di avere l’acqua (con relativi nutrienti minerali) nel momento giusto e nella giusta quantità, dalla passione e dalle attenzioni del produttore (più probabilmente un piccolo produttore piuttosto che un imprenditore agricolo), non dico nulla che non sia condivisibile. È anche in questo ambito – ma non solo – che nascono concetti come “filiera corta” – secondo il D.M. del 10 marzo 2020, s’intende la vendita diretta tra produttore primario o associazione di produttori, ed eventuale piattaforma distributiva, e cucina/centro cottura di trasformazione – e “kilometro zero” – sempre secondo il D.M. succitato, una distanza di 200km, ridotta a 150km per le mense biologiche – oppure “kilometro utile” per piccoli comuni (L. 6 ottobre 2017 n. 158). Se uno chef stellato può permettersi la collaborazione di un verduraio che opera soprattutto come ricercatore, scopritore e selezionatore, alla scoperta di prodotti di nicchia, normalmente disponibili – quando lo sono – in quantitativi limitati, appare evidente che il locale “stellato” potrà accaparrarsi questi tesori pagandoli il giusto prezzo, ovvero a prezzo d’oro o di altro metallo prezioso. Ma per favore, caro verduraio e caro chef stellato, non dovete – e non potete – prendervela con i comuni mortali che devono rivolgersi alla GDO, per prodotti sicuramente meno gustosi. Non tutti possono avere la fortuna di coltivare un proprio orticello, purtroppo…Non dimentichiamo poi un altro importante problema che ormai ha rivoluzionato tutto le nostre certezze su frutta e verdura: i cambiamenti climatici – che soltanto i complottisti non vedono – con le conseguenze catastrofiche di eventi estremi sempre più frequenti (ben 351 nel 2024, secondo l’Osservatorio di Legambiente, ovvero +485% rispetto al 2015). L’impatto economico sulle infrastrutture, sull’agricoltura che ci interessa in questo contesto, è semplicemente disastroso.Cosa c’è di più stabile di un disciplinare di produzione di un prodotto DOP o IGP? Andate a vedere quante sono le modifiche “temporanee” (chissà per quanto tempo) concesse dal MASAF (agricoltura, sovranità alimentare e foreste) con le relative motivazioni. I funzionari si sono arresi all’evidenza! Nella ristorazione collettiva, cui sono destinati i contenuti del D.M 10 marzo 2020, non trascuriamo il prezzo legato a gara d’appalto che sicuramente non consente di accontentare la moglie ubriaca tenendo la botte piena. Aggiungiamo poi le indicazioni delle varie “linee guida” regionali: per esempio, seguendo quelle del Friuli-Venezia Giulia, si dovrebbe favorire l’utilizzo di prodotti BIO, km zero e filiera corta FVG, e le società di gestione non mancano di prometterne l’utilizzo, salvo poi chiedere deroghe per problemi di approvvigionamenti. Se ne trovate in quantità sufficiente, in una stagione più o meno simile a quanto conoscevamo, ad un prezzo ragionevole (visto che dobbiamo anche rispettare il prezzo offerto in gara), avvisateci…