Come passa il tempo!

Buone, buonissime, di carne, pesce, verdure, formaggio, pollo, legumi, patate, riso, zucca. Cotte al forno, fritte, in padella, in umido, allo spiedo. Non avrei mai immaginato un così ampio ventaglio di possibilità e per tale arricchimento di conoscenza gastronomica ringrazio mia moglie la quale, diversamente da me, sa maneggiare sapientemente un tablet ricavandone numerose, interessanti ed utili informazioni, polpette incluse ovviamente. Ed ecco che pure loro contribuiscono a riportarmi indietro nel tempo, anche un bel po’ considerato che sono nato nell’immediato dopoguerra (la 2^, quella del ‘40-’45 a scanso di equivoci). Nei primi anni ‘50 le uniche polpette che ricordo erano quelle di carne, ma quale carne? Un solo tipo: il lesso (o bollito) avanzato, quando e se ne avanzava e siccome ne avanzava poco era necessario “rinforzare” quel recupero con l’aggiuntadi patate bollite e di pane bagnato, magari nel latte. Cibo da poveri? Se lo era non lo si sapeva, allora era normale avere rispetto del cibo e non buttare nulla. Il senso del risparmio era nel dna delle mogli e madri di famiglia che alle medie avevano perfino studiato “economia domestica”. Ma c’erano famiglie, molte, che non avevano proprio nulla di avanzato in cucina, figurarsi il bollito! L’impasto veniva poi suddiviso in forme tonde che venivano stabilizzate passandole sul pan grattato. Pare che qualche massaia aggiungesse l’aglio, un’altra il prezzemolo, non c’era una ricetta delle polpette, non c’è mai stata ed è forse per questo che quel cibo da poveri è stato via via declinato in mille varianti ed è divenuto una prelibatezza che ha fatto addirittura nascere le “polpetterie”, che si possono aprire addirittura in franchising. Iperspecializzazione dunque. Mia moglie prepara a volte le polpette, quasi sempre di pollo e poi fritte, io da bambino ricordo che quelle di mia mamma erano rigorosamente al sugo, pomodoro, caldo, denso, un trionfo con il pane. “Le polpette – ho letto da qualche parte – sanno di infanzia, di casa, di nonne, di zie e mamme in cucina, di improvvisazione e arte di trasformare la cucina povera, fatta con quello che c’è in frigo, in piatto goloso”. Ed Umberto Saba scrisse un romanzo breve dal titolo “Polpette al pomodoro”. Da leggere. Gli hamburger li ho conosciuti molto dopo, innanzitutto nella versione originaria di bistecche alla svizzera, ma non li ho mai sentiti concorrenti delle polpette. Loro sono un’altra cosa, anche per quello che rappresentano.

Renato Ganeo