Utilizzare la tecnica del SV per preparazioni con basi acide consente di dimezzare il tempo necessario rispetto alle tecniche tradizionali. Ma… Quando si parla di sottovuoto, in buste di plastica, non mancano sicuramente le persone scettiche e diffidenti, nonostante la velocità del progresso ci abbia ormai abituati a vederne di tutti i colori. Chissà cosa succede agli alimenti avvolti nella plastica? Con una base acida? Se, poi, ci metto il succo di limone con un pH compreso tra 2,2 e 2,6…Cuocerli in un sacchetto di plastica: ma siamo matti? Chissà quanto gusto di plastica! I dubbi possono anche essere motivati dal punto di vista del consumatore. L’operatore deve invece dimostrare la sua professionalità con risposte ed atteggiamenti adeguati. Ci siamo finora occupati dei pericoli di tipo biologico (eventuale sopravvivenza di microrganismi), ma effettivamente il nostro affezionato cliente potrebbe essere più preoccupato per i pericoli chimici. Bisogna sapere che esistono specifiche disposizioni normative relative ai materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti. Il controllo dell’idoneità alimentare è disciplinata, nel nostro Paese, da interventi del Ministero della Sanità/Salute da più di 30 anni. Le norme di carattere generale discendono in Italia dall’art. 11 della legge 283/1962 e sono state ulteriormente dettagliate e chiarite nel DPR 777/1982, per arrivare ai più recenti Reg 1935/04/CE (“Regolamento quadro”), 2023/06/CE (“Regolamento GMP”) e DM del 23.04.2009. Da più di una decina d’anni, inoltre, i problemi d’idoneità alimentare degli imballaggi alimentari sono ritenuti un aspetto prioritario nell’opera di armonizzazione delle regole all’interno dell’Unione Europea. La sovrapposizione di norme nazionali e comunitarie ed il loro costante aggiornamento rende la materia piuttosto complicata e soggetta a frequenti modifiche, tuttavia alcuni principi fondamentali, sono da sempre comuni sia alle norme nazionali che europee. Il principio base della normativa del settore è naturalmente quello che i MATERIALI IN CONTATTO CON ALIMENTI non devono “costituire rischi per la salute umana o modificare in modo inaccettabile la composizione del prodotto alimentare o provocare un deterioramento delle sue caratteristiche organolettiche”. Il produttore in particolare deve predisporre una specifica “DICHIARAZIONE DI CONFORMITA’”, prevista dal Regolamento 1935/04/CE e, in ambito nazionale, il DM 21 marzo 1973 e successivi aggiornamenti e modifiche. Per le materie plastiche, l’idoneità alimentare di un “oggetto” (nel ns. caso le buste) destinato al contatto con gli alimenti deriva sempre dalla conformità di composizione (idoneità di costituzione) e anche dal rispetto dei limiti di migrazione (globale e specifica). Il materiale non deve cedere all’alimento una quantità di suoi componenti superiore ad un certo limite, senza alcun riferimento circa l’identità e la pericolosità di tali componenti. Tale verifica si traduce quantitativamente identificando, per ogni materiale, un valore di MIGRAZIONE GLOBALE, ovvero il trasferimento di massa che segue le leggi della diffusione. Il limite di migrazione globale va inteso come un pre-requisito di inerzia del materiale; in altre parole, a prescindere dall’eventuale rischio per il consumatore, la legge stabilisce un limite alla possibile interazione tra alimenti ed imballaggi per unità area superficiale materiale a contatto con prodotti alimentari. Per verificare che i limiti di migrazione non vengano superati si conducono delle prove con gli imballaggi o con provini del loro materiale facendo uso dei cosiddetti “solventi simulanti”, quattro soluzioni che simulano la capacità estrattiva degli alimenti. •Simulante A: acqua distillata – per prodotti alimentari acquosi con pH> 4,5 •Simulante B: acido acetico 3% – per prodotti alimentari acquosi con pH ≤4,5 •Simulante C: etanolo 10% in acqua – per prodotti contenenti alcool •Simulante D: olio oliva rettificato – per prodotti alimentari a base di sostanze grasse Nel caso generale di materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari di qualsiasi tipo, le prove sono effettuate impiegando i simulanti B, C e D, ritenuti i più rigorosi ed utilizzando in ogni prova un nuovo campione o provino. I simulanti sono scelti in base all’uso cui è destinato il materiale. Esistono simulanti alternativi a quelli sopraindicati e sono generalmente più “aggressivi” in modo da stressare maggiormente i materiali. Concludendo, un produttore serio è in grado di rilasciare la “Dichiarazione di conformità” sulla base delle prove analitiche cui sono stati sottoposti i materiali. Per l’operatore, non è un problema richiedere la “scheda tecnica” del prodotto, cosa che non è sempre così scontata. certi prodotti – che creano molte perplessità tra gli addetti ai controlli nella sicurezza alimentare – trovano facile diffusione perché promossi da personaggi più o meno “famosi” nella ristorazione. Il rispetto delle GMP (norme di corretta prassi di lavorazione), come continuamente ribadito, consente poi di ottenere i risultati sicuri desiderati.