Se vi fosse mai capitato di fermarvi a fare un aperitivo, anche nel peggiore dei bar, sicuramente lo stesso vi sarebbe stato servito accompagnato da qualche oliva in salamoia. A volte sono servite con classe in una coppetta di cristallo, altre volte soggiornano sul bancone non si sa da quanto, in ogni caso sono sempre presenti e dominano l’aperitivo. Un aperitivo non è un vero e proprio pasto, ma un momento precedente ad esso in cui si stuzzicano i succhi gastrici, senza affaticare lo stomaco nella digestione di grandi quantità di cibo, e l’oliva è senza ombra di dubbio la regina indiscussa di questo momento. Ma di quali olive parliamo? Dimensioni, differenti cultivar che ne caratterizzano il sapore, forma e differenze di condimenti aprono un mondo di alternative sulla genericamente definita “oliva”. Accanto alla peculiare dimensione che la rende pratica, il gusto, di base amaro, a causa dell’alta componente di polifenoli viene generalmente trattato in salamoia (acqua e sale) per eliminarne il sapore troppo aggressivo. E dal gusto base dell’oliva in salamoia, dove il salato ha una funzione stimolante per l’appetito, il ventaglio di varietà di condimenti con cui esse vengono proposte moltiplica le possibilità di gradimento: dal semplice gusto salato delle olive giganti di Cerignola, ai gusti più decisi delle olive al forno, ammorbidite dalla dolcezza delle arance, fino ai gusti piccanti e amari dei condimenti al peperoncino e della scorza di limone. Detto ciò, comunque, alla regina dell’aperitivo non si può accompagnare una qualunque bevanda. E a questo punto, per gustarsi al meglio l’aperitivo, viene in soccorso il classico Martini cocktail, re dei drink per la sua apparente semplicità e il gusto secco: infatti, riuscire a trovare il corretto equilibrio fra gin e vermouth dry, al variare dei gin e dei vermouth usati, è il cruccio e il prestigio di qualsiasi barman.  La classica ricetta prevede 6 cl di gin e 1 cl di vermouth dry, mescolati su ghiaccio con l’aggiunta di una scorzetta di limone. La variante Montgomery propone un rapporto fra gin e vermouth di 15 a 1, con un risultato assai meno secco: è sufficiente effettuare i passaggi della ricetta base, con la sola accortezza di versare prima il vermouth sul ghiaccio, mescolare il ghiaccio bagnato dal vermouth e svuotare il liquido in eccesso in un bicchiere a parte, aggiungendo il gin solo in un secondo momento. Il Dirty Martini è, invece, la variante con l’oliva: anziché la scorzetta di limone, nel bicchiere si mette direttamente il frutto. Per un tocco di classe in più, si può aggiungere un dash di salamoia delle olive nella preparazione del cocktail. Il risultato presenterà una sfumatura salata che ben si sposa al gusto secco aromatico del cocktail base. Coloro, infine, che trovassero il classico Martini troppo forte sia per gusto che per grado alcolico, possono optare per un oramai iconico Vesper Martini, il cocktail di James Bond, dove 3 parti di gin vengono mediate da 1 parte di vodka e il secco vermouth dry viene sostituto dai profumi floreali e dai gusti fruttati del Lillet Blanc. Ma attenzione: i bevitori di Martini sostengono che il Vesper Martini non sia affatto un Martini. Ad ognuno i propri gusti, ma se optaste per la variante preferita dalla spia di Fleming, chiedete al barman con fare sornione: “Just a drink. A Martini, shaken, not stirred.” (cit. Goldfinger, 1964)