Questo ortaggio, conosciuto e consumato fin dai tempi antichi, è diventato un prodotto tipico della zona del Mediterraneo ed è sempre entrato nella composizione dei menu classici. Negli anni 60, nei grandi alberghi, appariva spesso nei menu di gala, preceduto da antipasti e consommé, sotto il nome di sformato di carciofi e lo si serviva come “piatto di mezzo”, come del resto altri piatti simili: vol-au-vent, mozzarella in carrozza, quiche lorraine, soufflé al formaggio. Seguiva poi, nei menu, il pesce, la carne ed il dessert. Pur essendo considerato una delle verdure più ostiche, al carciofo si potrebbe accostare un vino rosato selezionato; ma meglio sarebbe, a detta dei buongustai, un bicchiere d’acqua e una fetta di pane casereccio. L’associazione Arte In Tavola, grazie al presidente Maurizio Zito del ristorante “Il Gufo Bianco” di Torino, promuove con i soci manifestazioni di ricette alla lampada per la valorizzazione dei prodotti della terra del Piemonte, e tra questi il carciofo. Inoltre il presidente sta allacciando nuovi rapporti con gli operatori del settore della ristorazione per acquisire nuove esperienze tecnico pratiche direzionali che verranno poi inviate alle scuole alberghiere d’Italia. Il servizio del carciofo: se servito crudo, occorre un piattino e una forchettina da antipasto; non si dimentichi di porre un finger-bowl, alla sinistra del cliente, con alcuni petali di rosa. Se servito caldo, come piatto di mezzo, un piatto caldo e una sola forchetta a carne, come del resto richiedono altri piatti di mezzo: asparagi, soufflé, omelette…

La ricetta di Artusi “carciofi ritti”

così chiamansi a Firenze i carciofi cucinati semplicemente nella seguente maniera.

Levate loro le piccole e inutili foglie vicino al gambo, tagliando quest’ultimo. Svettate col coltello la cima e allargate alquanto le foglie interne. Collocateli ritti in un tegame, insieme coi gambi sbucciati e interi; conditeli con sale, pepe e olio, il tutto a buona misura. Fateli soffriggere tenendoli coperti, e, quando saranno ben rosolati, versate nel tegame un po’ d’acqua e con la medesima finite di cuocerli.

Albino Zoccarato