L’insieme di alimenti e/o prodotti che sono mescolati insieme, poi conditi e ben disposti sui vari “assiette” sono una grande opportunità, ma occorre molta attenzione e grande abilità. Pensiamo all’importanza di gestire con cura la scelta e la varietà del prodotto crudo o cotto, poi alla adeguata fase di manipolazione per rendere i prodotti salubri dal punto di vista igienico. Il piatto unico poi, è occasione per mettere in atto sistemi di trasformazione/cottura più adeguati affinché ci sia armonia di consistenze e rispetto dei sapori, aromi, profumi e gusti. Si può suggerire poi che, nei piatti unici, molto importante debba essere il tipo di taglio delle diverse preparazioni che lo compongono. Taglio preciso, ben determinato, che valorizzi le diverse forme, diremo composizione di tagli sempre da boccone. Questo per permettere al commensale di utilizzare sempre o solo una posata, quasi sempre la forchetta! Io credo che non sia facile pensare e realizzare un piatto unico, proprio perché ritengo che il cuoco debba fare un grande sforzo culturale e professionale per realizzare una “complessità alimentare in un’unica commistione” in unico piatto. Va bene quanto detto finora, ma pensiamo al dosaggio del sale aggiunto o alle sapidità minerali degli stessi alimenti; poi non dimentichiamo il saper lavorare con i condimenti grassi, ottenuti per riduzione, per emulsione o anche per omogeneizzazione. Un condimento che sia più o meno aspro, acidulo, dolce, perché riesca ad esaltare un alimento e non camuffare l’altro. Panature, piccantezze, croccantezze, spesso esaltate in maniera esasperata, tralasciando magari il passionale piacere della succulenza della masticazione. Gli odori e gli aromi che troviamo nei piatti unici spesso sono ottenuti da inserimenti in cottura di erbe aromatiche o spezie, ma poi si aggiungono altre aromatizzazioni a fine cottura. Per usare un temine “toscano”, il piatto unico non deve trasformarsi in un “troiaio” stravagante di pasto unico, ma è indispensabile cercare la perfezione alimentare per coinvolgere con “scienza ed emozione i cinque sensi dell’avventore”. Una provocazione la farei in questo nostro magazine esclusivo, e qui mi rivolgo ai cuochi, che scrivono e che leggono. Come è stata definita l’identità dello “Chef in Punta di dita”, perché, allo stesso modo, non pensare a realizzare la “Carta di Identità del Piatto Unico”?