Perché sanno che saranno cucinate
Un omaggio a due animali da cortile che, per le loro caratteristiche, danno gioia nel vederli quando scorrazzano e svolazzano, ma anche quando sono protagoniste in pentola.
Come sono belle queste oche!
Le oche hanno un bel manto bianco, piume stupende e poi sono abbastanza simpatiche quando camminano, starnazzano, sembrano goffe ma in realtà sono molto attente a ciò che accade intorno a loro.
L’oca giovane la si può mangiare cucinandola in diversi modi, anche se è piuttosto grassa è molto apprezzata, e la tradizione vuole che venga preparata a novembre, quando terminano i lavori dei campi e si festeggia tutti insieme con una bella oca cucinata a dovere.
Va detto che le oche devono essere pulite bene, private del grasso interno, ed è opportuno che la pelle sia ben trattata.
È necessario preparare una miscela di erbe aromatiche tritate, mescolate con sale e pepe.
Un accorgimento utile è quello di punzecchiare a fondo tutta la pelle dell’oca, conciarla bene, massaggiandola e impreziosendola bene con la miscela aromatica.
L’operazione di bucare bene la pelle garantirà la fuoriuscita del grasso superfluo, durante la cottura.
Questa operazione permetterà al grasso in eccesso di fuoriuscire durante la cottura, rendendo l’intingolo saporito e garantendo che la carne non si secchi troppo.
Ricorda, l’oca non va servita al sangue.
Molti sanno che in alcune zone collinari, come nel Vittoriese, c’è una disputa su quale sia il miglior modo di cucinare l’oca: “rosta” (arrosto), brasata o “onta” (grassa).
Ma i gusti sono gusti.
Io, per esempio, suggerisco una cottura lenta, a fuoco basso, preferibilmente brasata, con un intingolo a base di cipolla, sedano, tante erbe aromatiche, aglio e soprattutto prugne secche precedentemente immerse nel vino bianco. |
È importante che la carne vicino alle cosce dell’oca sia ben cotta: non amo vedere striature di rosa.
Una volta pronta per essere servita, sarà accompagnata da polenta, patate o erbe cotte in tegame così l’oca sarà in buona compagnia.
Anatra: Petto al sangue e il resto cotto a puntino.
È importante che l’anatra sia stata marinata bene, lasciata per almeno mezza giornata in frigo, immersa nel vino rosso con spezie, alloro ed erbe aromatiche.
Io amo il profumo di aglio con l’anatra e se cucino solo il petto, uso foglie di limone su entrambi i lati.
Inserisco fettine di aglio nei tagli della pelle del petto.
È importante salare bene la pelle del petto, che poi verrà adagiata in una padella calda, di rame stagnato per permettere al grasso di sciogliersi e irrorare la padella.
Successivamente, cucino l’altro lato del petto.
L’ideale è la cottura al salto, sapendo giocare con la fiamma, media, dolce, forte.
Rimuovo il grasso in eccesso, poi impreziosisco con del vino rosso in una nuova padella con poco burro fresco e aromatizzando il tutto con un po’ di succo d’arancia, laccando il petto fino a completare la cottura.
Se invece devo cucinare l’anatra intera, la taglio in sesti e lascio marinare la carne in frigorifero per almeno una notte.
Poi in una casseruola, con un fondo di erbe aromatiche, bucce di agrumi, aglio, chiodi di garofano, cipolla e un filo d’olio, lascio rosolare prima i pezzi posteriori dell’anitra, a fuoco lento, sempre con coperchio per almeno 20 minuti.
Poi aggiungo le parti anteriori dell’anatra per completare la cottura, irrorando con vino rosso, di tanto in tanto.
Accompagnate con marroni fondenti per il tocco finale.