Noi cuochi sappiamo che per fare una bella figura in cucina e stupire i nostri avventori, non ci facciamo mai mancare una o più ricette a base di crostacei nel nostro menu. Questo perché li riteniamo, i crostacei, l’asso nella manica per tutte quelle volte che vogliamo elaborare ricette creative, a volte anche eclettiche, il tutto in poco tempo, perché essi sono fragili, depauperano facilmente. Molti di questi, anzi meglio dire che tutti i crostacei hanno una vita breve, perché per dare il meglio di loro devono essere consumati freschissimi. Per questo, il tempo di percorrenza dal pescatore alla padella deve essere velocissimo, nel rispetto della catena del freddo e soprattutto nel rispetto della stagionalità e da eventuali blocchi pesca. Per fortuna oggi in commercio si trovano eccellenti produzioni fresche, ma anche crostacei semilavorati, surgelati, anche disidratati, sottovuoto, insomma una sorta di applicazioni tecnologiche utili a rendere il crostaceo disponibile un po’ ovunque, rendendo i crostacei accessibili ai molti, ma anche disporre di prodotti tipici del Pacifico sulle tavole dell’estremo opposto, oppure dell’Atlantico su piatti orientali. Noi dobbiamo avere consapevolezza di questa opportunità, perché la famiglia dei crostacei che poi si utilizzano nelle nostre preparazioni italiane non sono solo del Mediterraneo, anzi, i mari nostrani non sarebbero in grado di soddisfare le nostre ricette. Per questo il consumatore deve potersi fidare dello “chef patron” di ristorante che garantirà sempre la qualità tracciabile e certificata anche dei crostacei impiegati. Un cuoco di cultura, ben conoscitore delle materie prime, sa come trattare i crostacei, consapevole che tutto si può utilizzare: oltre che la polpa, é dal suo carapace che si possono ottenere aromatizzazioni preziose ed intriganti per una miriade di preparazioni eclettiche. Ricordo a tutti il classico burro di crostaceo che una volta si confezionava in cucina sapientemente, utilizzando il carapace freschissimo e, con un procedimento puntuale, si otteneva una “cozione”, un “ristretto” che serviva a mantecare risotti, elaborare eccellenti intingoli per carni e pesci, e anche impreziosire le paste saltate. Logicamente la stessa operazione poteva andare bene sia per i crostacei di mare che di fiume, pregiati e profumati in particolar modo. Dall’aragosta e dall’astice e dalle varie tipologie di gamberetti e gamberoni, era il commis di cucina, o l’entremetier, che pulendoli scrupolosamente otteneva una tale quantità di carapace, teste, zampe e chele, dalle quali riusciva a costruire una serie di basi utili sia per brodi profumati che per aromatizzare grassi liquidi e solidi. Del resto la tipica colorazione rosso/rosata del carapace veniva catturata dal grasso riscaldato e per questo aromi e profumi molto caratteristici irroravano le diverse elaborazioni. Per la granseola, granchio, così come per gli scampi e le cicale di mare, l’operazione citata prima veniva eseguita di rado, perché la struttura esterna alla polpa era inutile impiegarla per ottenere i famosi “burri composti”, questo perché quella tipologia di carapace, di zampe e quant’altro erano impiegati in cottura integrale del crostaceo, così poteva essere servito al cliente integro, dando l’idea della preziosità del crostaceo impiegato.

Marco Valletta