Il vero fiore che si mangia, spesso viene maltrattato sia da chi lo vende, sia da chi lo conserva, perché in molti casi i cuochi lo lasciano addormentare nelle cassette, abbandonandolo senza cura, e poi…Ma entriamo nel merito. Il carciofo è un prodotto di alta qualità biologica, molto intrigante negli accostamenti gastronomici, spesso versatile sia come alimento da antipasto che come contorno, impiegato a vari livelli cotto o crudo, fritto o trifolato, come ripieno o come sformato. Il carciofo, ortaggio da fiore per eccellenza, non può essere bistrattato durante la sua naturale giacenza nelle celle della cucina, esso deve essere seguito più di ogni altro ortaggio, perché si depaupera facilmente. Siccome ha uno scarto molto alto, per cui petalo dopo petalo, se ne butta via molto, dovremmo imparare a disporlo non più nelle cassette, ma a tenerlo nei catini con acqua, trattamento riservato dai fiorai per tutti i fiori delicati. Solo in questo modo allungheremo il tempo di invecchiamento del carciofo ed avremo una resa maggiore. Il colore del carciofo e la sua consistenza al cuore è data proprio dalla sua gestione nell’idratazione, la costituzione della barbetta dipende anche dall’invecchiamento accelerato che il carciofo sostiene senza essere deposto in acqua. Poi, all’impiego, deve essere sempre curato con i guanti, altrimenti le nostre mani diventano nere. Si parte dai petali esterni, avendo cura di “sfogliarli” seguendo la naturale resistenza dei petali più interni e, se si presta attenzione, per alcuni di essi lo spreco potrà essere ridotto al 50%, perché la foglia si elide da sola. Terminata la cura dei petali si può passare alla cura del gambo, prima, e del fondo poi. Operazione questa che deve essere fatta con uno spelucchino curvo e molto affilato, solo allora si potrà “castrare” il carciofo tagliando i petali scuri nella parte alta. A mio avviso questa operazione va fatta con un coltello a sega fine, e non con il trinciante, per permettere alle fibre di aprirsi e non creare resistenza alla lama. Da questo momento sarebbe opportuno, se lasciato intero, a metà o a fette, non inserirlo in acqua acidula, ma piuttosto in latte magro perché in questo modo i petali e il fondo resteranno più bianchi, nel contempo non assumeranno quel caratteristico sapore acidulo che riconosciamo come tipico nei carciofi surgelati. Per la cottura dobbiamo ricordare che più il carciofo si espone al calore, più tende a scurire. Per questo, se tagliato a fette sottili e consumato crudo, meglio lasciarlo nel latte scremato fino a poco prima del servizio. Se invece lo si vuole padellare, allora la trifolatura è la più indicata. Se è tagliato a metà o intero, impariamo a depositarlo come facevano le nonne: “adagiate il carciofo sul fondo della casseruola, senza che nessun fiore sia sormontato da altri, cucinateli senza coperchio, procedete alla cottura a fuoco vivo, senza troppa rosolatura e con la giusta umidità inserita sempre bollente”. Alla fine aggiungete il sale, ne basterà molto poco, meglio se liquido. Se non mi credete provate e poi fatemi sapere!

Marco Valletta