Quel Vodka Martini “agitato, non mescolato” chiesto da James Bond (Sean Connery – Licenza di uccidere – 1962) è dalla maggior parte dei barman ritenuto improponibile. Per loro deve essere senz’altro mescolato e per di più con delicatezza. Sull’oliva invece niente discussioni; ci vuole, denocciolata e se sono tre, infilate per bene nello stuzzicadenti. I superesperti dicono però che l’oliva non dovrebbe poi essere mangiata, serve solo a dare un pizzico di speciale sapore. Mah! Comunque, a me il Martini cocktail piace e l’oliva me la mangio. Chiarito innanzitutto che l’oliva è un frutto e non una verdura, va anche detto che è il frutto più coltivato al mondo e che la sua “culla” è il Mediterraneo, con tutti i Paesi che sulle sue sponde si affacciano. Ben il 95% della produzione mondiale di olive avviene nell’area Mediterranea ed il primo produttore è la Spagna, poi Italia, Grecia, Turchia e Marocco. Il mio vissuto di viaggiatore ha in effetti saporiti ricordi di aceitunas con Calimocho (vino rosso e Coca Cola) a Bilbao o Siviglia e di kalamata con ouzo. oppure dentro una variopinta insalata a Creta o Zacinto. Ma non di meno meritano le nostrane taggiasche o le ricche ascolane (all’ascolana) ripiene di carne, impanate e fritte. Non c’è aperitivo o buffet che non le proponga. Ma non sono solo le ascolane l’unico esempio di olive ripiene; sul tema non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ci sono quella alla messinese imbottite di una saporita pastella e consumate così, crude, niente da friggere. E la fantasia si spalanca con ripieni al tonno, ai peperoni, alle acciughe. Parrebbe proprio che quando si tratta di stuzzicare l’appetito, accompagnare un aperitivo, guarnire una pietanza ecco che entra in scena l’oliva, e con quale successo! Il modo migliore di chiudere questa breve nota credo sia quello di ricordare il dono prezioso che la piccola oliva ci offre e per questo attingo ad un grande della poesia contemporanea: “…lì il prodigio, la capsula perfetta dell’uliva che riempie il fogliame con le sue costellazioni; più tardi i recipienti, il miracolo, l’olio” (Pablo Neruda – Ode all’Olio).