temperatura-sotto-controllo-valletta_articoloPer raggiungere risultati gastronomici eccellenti

Il piacere della tavola va assaporato con garbo, soprattutto facendo attenzione alle temperature, positive e negative, di preparazione e di servizio di qualsivoglia pietanza. Una buona pasta asciutta è piacevole se è fumante e calda; un buon pesce al vapore dice tutto se è caldo, ma quando si parla di freddo allora i professionisti si metto ai ripari e ne escogitano di tutte le temperature. Non è facile assaporare il freddo, non è facile servirlo, non è facile prepararlo, ma per fortuna oggi le tecnologie ci aiutano e inducono lo chef a sbizzarrirsi oltre maniera. Pensiamo alle diverse gradualità di temperature alle quali i gelati e i sorbetti sono sottoposti; in effetti per i cultori di questa cucina, dolce e fredda, la gelateria, il freddo non dovrebbe essere lo stesso. A volte, grazie a mantecatori particolari, a macchine per il gelato o a frighi di mantenimento, un buon artigiano del freddo riesce a servire gusti diversi di gelato e sorbetti a temperature diverse tra loro, tanto che per alcuni si tratta di presentare un “gelato caldo”, una “granita fine”, un “sorbetto soffice”, una “spuma porosa”. Il segreto è “la cultura e la tecnica” ed il modo con cui vengono preparate le basi (nel mio discorso le polverine sono bandite). Basi di crema con la gestione sapiente di latte-panna-tuorli mai oltre gli 80°C; mentre la sorbetteria con sciroppi invertiti a temperature che possono variare dai 105°C ai 120°C. Freddo, freddissimo, particolarmente spumoso, se poi viene usato il Pacojet che con la sua funzione esclusiva di “pacossare” fa godere i palati più restii al gusto innovativo. Nel freddo non dimentichiamo che il professionista di cucina e di pasticceria può giocare meglio tra preparazioni sia dolci che salate perché, come tutti sanno, il freddo riesce a mitigare entrambe le percezioni. Un gelato di fagiolo é più intrigante di un fagiolo intero mangiato a temperatura da frigo. Ora poniamo l’accento sul giusto grado di cottura dello zucchero che, per poterlo invertire, necessita del caldo grazie al quale possiamo ottenerlo sia viscoso, sia plastico. Solo così esso potrà essere impiegato in modo versatile per la pâte-à-bombe, per la meringa cotta. Queste sono le preparazioni (di base) dei veri e propri “must” per svariati semifreddi al cucchiaio, come “crème renversée”, “coviglie”, bavaresi e altro. Insomma il mondo del “freddo, ma non troppo”, permette ai commensali di poter usare il cucchiaio e non più la paletta come per i gelati, perché sono cambiate le consistenze. La mano sapiente del professionista sa che, con il semi-freddo servito intorno ai -10°C fino ai +5°C, la tecnica più adeguata é la corretta gestione delle “masse grasse”, oppure “proteiche”, ma anche “amidacee”, ma il professionista rivolgerà l’attenzione particolare al giusto dosaggio delle diverse gelatine da impiegare, siano esse d’origine animale che vegetale. Ma anche in questa sezione fondamentale è il giusto
grado di temperatura per garantire il coagulo, la conservazione, il servizio. Proprio per questo oserei dire che, per il “freddo ma non troppo” la temperatura bassa, fresca/ fredda fa il suo miracolo e la differenza al gusto. Mantecare, di fatto, è la maestria del “soramanego” dello chef perché è lui che è chiamato a “lavorare sostanze grasse fino a ottenere un composto che abbia la consistenza pastosa della manteca”. In culinaria, “lavorare una vivanda con sostanze grasse, a caldo soprattutto, e un po’ meno a freddo, in modo tale da conferirle un aspetto morbido e cremoso: mantecare un risotto, mantecare il gelato”. Ma proprio per il mantecare la tecnologia è stata indispensabile perché per questa operazione, mantecare, la forza del braccio deve essere sostituita da “un’operazione costante e vigorosa meccanica che sappia variare di velocità, che non faccia abbassare o alzare la temperatura, ma che sia capace di rendere pomatoso qualsivoglia impasto”.