Fino agli anni Cinquanta, dominando ancora l’economia contadina e quindi la sua cultura, il problema dell’alimentazione si risolveva in qualche modo con la produzione e la trasformazione di quanto offriva il lavoro dei campi e degli allevamenti animali con precise selezioni regionali se non addirittura locali. Dove possibile, la gastronomia contava, a grandi linee, sul pesce per le comunità rivierasche, su pasta, pomodoro e olio di oliva per il sud del Paese, mentre al nord dominavano nell’alimentazione, riso, patate, carne, pollame soprattutto e l’immancabile polenta. L’evoluzione sociale e la diffusa crescita economica hanno lentamente, ma non troppo, cambiato tutto ma non la semplice vocazione ai piatti unici, formula che accomunava, spesso con riconosciuta sapienza, prodotti di qualità che suggerivano certi sapori insostituibili, assicuravano i sufficienti valori nutrizionali, e le doverose tutele sanitarie. Il piatto unico, certamente non concepito come offerta e quindi contenuto di un uguale prodotto alimentare anzi, ed è qui la sua attualità, ma come somma di gusti felicemente amalgamati dalla trasformazione gastronomica dei prodotti della terra e del mare ma anche delle colture e delle stalle, dei prati, dei monti. Il piatto unico è stato per lunghi tempi il mangiare comune nel quale sono però sempre intervenute manipolazioni che l’hanno reso più appetibile se non addirittura ricercato. La letteratura gastronomica è piena di proposte, elaborazioni, trasformazioni che gli hanno tolto l’origine certamente legata alla fame o spesso alla difficile reperibilità di certi prodotti proponendo ricette invitanti, profumi convincenti, richiami immancabili alle solite nonne e alle loro mitiche pentole. Intanto una corretta alimentazione è diventata una Scienza, il mangiare italiano guida l’export più della moda. I media, soprattutto le emittenti televisive, conducono su ogni canale la sagra dei piatti di tutte le regioni e di quelle culture che sopravvivono all’avanzata di certe mode esterofile. Impazzano gli chef nuovi e insistenti protagonisti di mille situazioni gastronomiche, spesso dimenticando che la nostra cucina non è improvvisazione ma creazione con secoli di storia e una reputazione globale. Ma i piatti unici? Ci son ancora, anzi. Gli eccessi alimentari hanno scombinato consolidate routine a tavola, pretendendo nuove attenzioni dietetiche, per cui le offerte di certa ristorazione si stanno adeguando ai tempi, con meno portate, con meno grassi e soprattutto con una doverosa attenzione alle cucine della tradizione. Il classico, antipasto, primo, secondo e dessert si è certamente ridotto.
Adesso stiamo per riscoprire finalmente quanto è buono un bel minestrone e basta.