Storie e storielle, leggende e favole, ricette hanno da secoli avvolto il mondo della polpetta nel mistero. Tuttavia, dalla polpetta in particolare e dai suoi derivati emergono mille ricordi in tutti noi. Non c’è uomo o donna che abbia detto davanti ad una polpetta “No, grazie!”. Dico questo perché dobbiamo fare una netta distinzione tra la polpetta raccontata e prodotta dalla nonna, e la polpetta fonte di un patrimonio storico e culturale di un determinato paese o di un popolo intero. Ogni regione d’Italia, ogni paese del mondo, ha la sua tradizionale “polpetta”. Tutto nasce da un impasto in purezza o in miscuglio che è tritato o, per quanto poco, ridotto in piccola brunoise, in macedonia oppure ridotto in pappa setacciata. Inoltre, l’alimento principale può variare perché troveremo impasti di sola carne, a base di pesce, con legumi, ortaggi, formaggi, cereali, spesso anche in diverse variazioni di temi, misti e mescolati tra prodotti diversi e tanto altro ancora. Insomma, scopriremo insieme che la polpetta non è solo un mondo culinario tipico ed originale ma soprattutto un universo gastronomico fatto di consistenze diverse, di odori persistenti, sapori marcati, gusti irriconoscibili e anche sistemi di cottura diversi. Prima di svelare l’arcano sulla polpetta, sul polpettone, sull’hamburger, sulle ovoline, e tutte le altre preparazioni dalle forme simili, definiamo una cosa che accomuna tutte queste preparazioni in polpetta. Vale a dire, “la sapienza dotta e colta dell’impasto di polpetta e affini e delle misture aromatiche che le compongono”. In base alla loro natura, caratterizzata dall’alimento principale impiegato, troviamo una varietà di condimenti che cambiano. Troviamo triti aromatici, dove si usano spezie in purezza o in misture ben dosate. Triti di erbe aromatiche che ne caratterizzano la stagionalità. Tipologie di grassi impiegati per la frittura o per la cottura in forno, al vapore o bollita, e in alcuni casi anche in pura crudità. Insomma, pur parlando di una apparente sfera, quando l’abbiamo tra le mani e la fissiamo con lo sguardo ci sembra di avere una palla di cristallo che dovrà svelare chissà quale segreto: “semplicemente la voglia di mangiarla”. Ci chiediamo: Perché le polpette sono nate? Io deduco che tutto ciò che era ridotto in palla, era più semplice da masticare. Ma anche perché il prodotto impastato garantiva una sorta di conservazione nel tempo perché ben aromatizzato e condito. Perché era semplice da cucinare. Perché era facile da trasportare, si poteva mangiare con le mani anche camminando o cavalcando. Ma a questo punto ognuno dica la sua, così scopriremo anche la nostra provenienza storica. Passano i secoli e scopriamo che le polpette si sono evolute non solo per dimensioni ma anche per foggia, per consistenza diversa tra cuore morbido ed esterno croccante. Se pure esse apparentemente sembrano uguali, i profumi e i gusti cambiano. Le abili mani che le appallottolano le hanno rese sferiche. Le polpette, che siano fatte da ingredienti puri o mescolati, subiscono sempre la medesima operazione, quella più importante “è saperle fare sferiche, appallottolarle con precisione”. Mano su mano, con estrema delicatezza, la polpetta nasce. Un’operazione che i bambini imparano da piccoli. Tutti, poi, sappiamo mangiarle con gusto simulando il noto Poldo dei fumetti. Per chiudere, desidero ricordare due citazioni: “Io non lo so se esiste la felicità. So però che esistono le polpette”. “Non m’importa cosa c’è veramente nelle polpette. Per me, anch’esse sono fatte della stessa sostanza dei sogni”.

Marco Valletta