Plinio il Vecchio (I sec.) nella sua Naturalis historia asseriva: “da nessun animale si trae maggiore materia per il gusto del palato… le carni del maiale offrono quasi cinquanta differenti sapori, mentre ogni altro animale ha un sapore unico”.

Tutto comincia dal maiale per via del salame, il più diffuso insaccato italiano. Gli altri animali da stalla o quasi, i bovini, i caprini e gli ovini, danno anche latte dal quale i molti derivati, pellicce (alcune costosissime), cuoio (la pelle conciata) o forza di lavoro trainando l’aratro come il pio bove prima dell’arrivo del trattore. Il maiale è qualcosa in più, è semplicemente una miniera alimentare. Fa da gustoso componente della cucina regionale italiana dove è chiamato con moltissimi nomi (la fantasia dialettale lombarda è la più ricca, addirittura prima di quella emiliana…). Lo confermano gli oltre trecento tipi di salumi che costituiscono una varietà che ha secoli di storia. Per gli insaccati si usa tutto: la carne, le frattaglie, il sangue, il lardo, il grasso…poi sale, spezie e additivi (adesso respinti dai puristi alimentari), l’involucro (budella), il tutto trasformato dalla tradizionale capacità dei norcini. Ed ecco questo stupendo prodotto le cui origini si perdono nei secoli. Dalla storia all’arte, il maiale risulta frequentemente citato e rappresentato. Cominciando dall’invenzione della lucanica, ritenuta l’antenato del salame, agli affreschi murali romani, dalle rappresentazioni gotiche, alle macellerie dei pittori fiamminghi. L’animale in questione attraversa le tele degli artisti da Goya a Mirò. E le opere letterarie da Omero a Goldoni. Talmente diffuso da lasciare un segno indistinguibile perfino nella geografia. Richiamano il nostro protagonista Porcellino e Porciano (Arezzo), Porchia (Ascoli Piceno), Porcia (Pordenone), Porcile (Cosenza), Porcara (Mantova), Porcellengo (Treviso), Porcari (Lucca), Troia (Foggia). Ha scritto, scherzosamente ma non troppo, Cesare Marchi, saggista e scrittore veronese dal noto humour: “se è vera l’etimologia di chi fa derivare il nome Italia dai molti vitelli (vituli) che una volta si allevavano, considerati gli odierni allevamenti di maiali potremmo tranquillamente chiamare la nostra penisola Maialia”. Ma non solo salami: ci sono le mortadelle, le salsicce, le soppresse, i cotechini, i musetti, ognuno patrimonio gastronomico di una regione o addirittura di una provincia italiana. Se poi vogliamo aggiungere, anche se non sono insaccati, i prosciutti, gli speck, le porchette, i lardi, i sanguinacci, i fegati, l’arista, allora i maiali “produttori” anche di questi, meritano tutto il rispetto dei gourmet ma anche di chi ritiene impagabile soltanto una fetta di pane e salame.