“Non ho mai detto di voler fare il vino più buono del mondo, ma solamente il vino che piace a me”. Queste le parole di Gianmarco Antonuzi e Clementine Bouveron, romano lui e francese lei, dell’azienda agricola Le Coste nata nel 2004 con l’aquisto di un terreno di tre ettari, da più di vent’anni in stato di abbandono, una volta un giardino coltivato a vite ed ulivi. Oggi l’azienda è cresciuta e si estende su 11 ettari circa, 4 dei quali occupati da ulivi secolari e due ettari da seminativo ed alberi da frutto. L’azienda si trova a Gradoli, in provincia di Viterbo, al confine con la Toscana, a 40 km dalla costa mediterranea. E’ situata in collina, a 470 metri s.l.m., sopra un lago di recente formazione vulcanica (circa un milione di anni fa), il lago di Bolsena. In origine vantava ben sette crateri, in seguito ad una violenta esplosione lavica crolla su se stesso creando un enorme caldera che sarà a poco a poco ricoperta dalle acque e formando così il lago vulcanico più grande d’Europa. Il lago può vantare un ambiente naturale quasi completamente incontaminato il cui terreno è formato per lo più da un suolo sciolto, lapilloso, tufaceo, ricco di sostanze minerali e ferrose derivanti dall’enorme eruzione che fu. Su tutta la proprietà si pratica un agricoltura “naturale”, priva di ogni certificazione ufficiale, ma estremamente sensibile al rispetto della natura, tesa al raggiungimeto di un equilibrio naturale che in ogni caso la pratica di una coltura intensiva perturba. La piantagione nasce con l’obbiettivo di creare un vigneto sano e duraturo, dove le piante, sin dalla loro messa a dimora, crescano forti ed in salute. Il materiale genetico è frutto di selezioni massali dei vecchi vitigni locali: Greghetto, Aleatico, Procanico e Moscato. Le vecchie vigne hanno di media 40 anni e sono quasi tutte promiscue ad ulivi, con le varietà antiche mischiate fra loro. Le vigne sono lavorate tenendo conto dei cicli lunari. Per la fertilità, l’equilibrio e la buona struttura del suolo viene impiegato un preparato biodinamico (cornoletame 500p), per il controllo delle erbe infestanti è utilizzato coscientemente un piccolo cingolato, completando con due o tre zappature manuali intorno alle viti ed agli ulivi. Manualmente nel periodo di gennaio- febbraio vengono rimosse con lavoro certosino, una ad una, le barbe che si fomano nelle radici a una profondità di una trentina di centimetri, per far sì che le piante possano ottimizzare al meglio la capacità di nutrizione dal terreno che altrimenti sarebbe compromessa. La vendemmia, da settembre a ottobre, è manuale in cassette da 3 kg, tutte le uve sono vinificate senza aggiunte ( né lieviti selezionati né anidride solforosa), senza essere sottoposte a nessun trattamento chimico né tecnologia di cantina. I contenitori per la fermentazione sono in legno o in cemento. Le fermentazioni sono spontanee: per i rossi la fase di macerazione è decisa in base all’assaggio, di solito quattro settimane. Le uve di bianco migliori sono vinificate, come vuole la tradizione locale, con macerazione sulle bucce di circa tre settimane e viene svolta la fermentazione malo lattica indistintamente sia per i vini rossi che per i bianchi. L’affinamento viene fatto in vecchie botti di rovere di diversa capienza per minimo un anno. L’imbottigliamento è per gravità senza chiarifica né filtrazione e soprattutto senza aggiunta di anidride solforosa! L’azienda produce cinque tipologie di vino, due dei quali sono “base” ovvero prodotti con le uve di minor pregio, non per questo però indegni di nota ma tutt’altro; “Litrozzo rosso “ e “Litrozzo bianco”. Il Litrozzo rosso è messo in commercio come vino da tavola e vuole essere nella visuale del produttore un rifacimento del vino del “contadino”, idea messa in pratica alla perfezione in quanto presenta una gradazione di 11,5 % in vol. con una facilità di beva incredibile. La bottiglia aperta va attesa almeno una mezzora, essendo un vino naturale è in continua evoluzione e ha bisogno di ossigenare per essere apprezzato nelle sue molteplici sfaccetature. Il vino cambia col passare dei minuti e delle ore e non teme il trascorrere del tempo dato che può essere gustato anche a diversi giorni dall’apertura senza temere ossidazioni. Il nome litrozzo non è dovuto al caso perché confezionato in bottiglia da litro, proprio in virtù della sua bevibilità si fa apprezare subito per la sua schiettezza, vino sincero, opulento, che va scoperto bicchiere dopo bicchiere in un susseguirsi di fragranze che evocano remoti ricordi, frutto croccante non semplice come potrebbe sembrare al primo assaggio, ma denso di emozioni, mi piace definirlo “divertente”. Essendo venduto in bottiglia da litro con tappo a vite non va snobbato al primo sguardo perché, come si suol dire, l’abito non fa il monaco e questo di certo posso affermare che è un nobile vestito da plebeo! Il nostro protagonista oggi è il limone, ingrediente che trova larghissimo uso in cucina per le sue note proprietà, il suo sapore agrodolce ed i suoi oli essenziali che lo rendono insostituibile sia in cucina che all’American bar. E’considerato però insieme all’aceto ed ai carciofi, un grande nemico del vino in quanto tende ad evidenziarne l’acidità. Se si vuole abbinare il vino ad una marinatura di carne o di pesce, sarà indispensabile usarne solo qualche goccia altrimenti qualsiasi vino verrà annullato. Tra i due c’è quindi bisogno di una ricetta che faccia da cuscinetto e ne attenui la notevole acidità. Il Litrozzo rosso va provato in abbinamento con una tartar di filetto manzo condita con olio extravergine d’oliva, meglio se un fruttato tenue, sale e goccie di limone di sorrento biologico, per essere pertinenti al tema. La modesta spinta acida del vino va a compensare l’acido ed il fruttato del limone di Sorrento con la magrezza della carne, che trova già nel limone l’acidità di cui necessita per risultare un accostamento equilibrato, in cui il vino non è un semplice comprimario ma una completazione del piatto stesso! Provare per credere!