I cuochi sono sempre stati geniali, fantasiosi, molte volte disciplinati nel cucinare, altre volte un po’ troppo esasperati nella ricerca dell’inventiva in cucina per proporre nei loro piatti “massimi sistemi”. Una grande gioia, raffinata piacevolezza, erano le emozioni che volevano far provare i cuochi ai propri clienti. Ecco allora che hanno proposto, in un unico servizio, alimenti cucinati diversamente e accostati a prodotti appartenenti ad “insieme differenti”. “Piatti Unici” li hanno chiamati già alla fine degli anni ’70; spesso abbiamo creduto che l’avventore lo si poteva emozionare servendogli in unico “assiette” o  in “bowl” una varietà di prodotti alimentari mescolati tra loro che, per foggia, taglio, cromia, consistenza, aromatizzazioni e sistemi di trasformazione tradizionali o innovativi, diventavano boccone dopo boccone, vere e proprie prelibatezze per palati raffinati, senza tralasciare le innumerevoli preparazioni di condimento aggiunte fredde o calde. Immaginiamo la cultura delle grandi insalatone che sono state protagoniste come “Piatti Unici”. Esse erano delle mega ciotole che si sono evolute da semplici insalate miste di verdure diventate, poi, ingolfate mescolanze di innumerevoli prodotti. Questi prodotti inseriti nelle “insalatone uniche” erano provenienti non solo da un mercato fresco e di territorio, ma anche da scatole sgocciolate oppure prodotti un po’ crudi, un po’ cotti, mescolando insieme prodotti ittici, prodotti lattiero-caseari. Insalatone che venivano completate poi con salumi, frutta fresca e secca, legumi o cerali bolliti, questo per citare solo alcuni performanti piatti unici degli anni passati.  Coloro che preparavano questi “piatti unici” hanno fatto credere al cliente che avrebbero vissuto più a lungo, in modo più sano a tavola, e magari sarebbero diventati più tonici, dimagrendo pure. Abbiamo scoperto, dopo un po’ di anni, di non essere questo uno stile di “piatto unico” di qualità vera, perché tra sott’oli, formaggi, pesci e salumi, grassi, salse e semi, inseriti a scapito di sempre meno insalata di ortaggi, le calorie erano introdotte nei nostri stomaci senza una minima misura. Erano molto meglio le insalate classiche codificate dalla cucina di “H. P. Pellaprat”. Poi “piatti unici” sono diventati anche occasioni per promuovere nuove carni, pesci alternativi, mescolati con legumi, con sementi secchi o cereali grezzi e raffinati, il tutto condito con spezie e altro per promuovere una sorta di felice incontro, “fusione”, tra ciò che era nostrano e tipico con quanto fosse primizia, nuovo e soprattutto promuovendo le aspettative dei commensali con un grande senso di esterofilia. Anche coloro che hanno proposto e perseguito fino a qualche anno fa “piatti unici” di questo tipo si sono resi conto che erano completamente “piatti con tutto ma non unici”. Finalmente i cuochi si sono informati, hanno studiato con meticolosità, si son incuriositi e poi si sono fatti affiancare anche da nutrizionisti, esperti medici di dietologia, agronomi, dai quali hanno appreso che il “piatto unico” doveva essere il giusto equilibrio di un rapporto sano tra i diversi principi nutritivi degli alimenti: proteine, glucidi, vitamine, grassi, fibre, ma soprattutto il “piatto unico” deve essere “salutare alimentazione in unica commistione”.  Ecco che si sono ripescate le tradizionali pasta e fagioli, il riso e piselli, la pasta e ceci, i minestroni con cereali, le zuppe, la paella etnica, il cus-cus Mediterraneo, etc. “Piatto unico” ha ragione di esistere se c’è attenzione nell’avere sotto controllo il giusto peso del prodotto-alimento da consumare in un’unica commistione; saggiamente accostato ad alimenti differenti tra loro e rispettando tutte le temperature del caldo e del freddo di ciascun alimento cotto o crudo che sia. Certo che il “piatto unico” ha insegnato a noi cuochi l’importanza di comprare le materie prime di qualità, possibilmente in stagione, conservarle in modo appropriato, sempre manipolate con cura nel rispetto massimo dell’igiene, di trasformarle con scienza evitando di depauperarle. A tutto ciò va aggiunta la conoscenza delle tipologie delle materie prime e delle caratteristiche non solo organolettiche ma anche nutrizionali, (sapere che i carboidrati possono essere presenti, nel riso nella pasta nelle patate, è opportuno non farli incontrare nello stesso piatto, non servire patate e polenta come contorno allo spezzatino in umido).