Le tecniche di conservazione sono molte: l’affumicatura e la stagionatura già all’alba dell’uomo per poi arrivare molti secoli dopo l’applicazione del calore, dell’ossigeno e del freddo.

il_freddo_per_tutte_le_stagioni_articoloGli eschimesi, per note ragioni ambientali, non hanno mai avuto bisogno del freddo per conservare i loro alimenti, e neanche intere popolazioni dell’Africa centrale, del Sud America o dell’Asia, immensi territori dalle temperature medie altissime, già a regimi alimentari minimi quindi con niente da conservare. Ma il resto del mondo sì. Le tecniche di conservazione sono molte: l’affumicatura e la stagionatura già all’alba dell’uomo e molti secoli dopo l’applicazione del calore, dell’ossigeno, del freddo. Agli inizi del XIX secolo Appert e Pasteur avvertono l’importanza del calore per eliminare i microrganismi dai cibi in scatola e verso la fine dello stesso secolo Perkins e Linde scoprono l’effetto batteriostatico del raffreddamento ottenuto facendo evaporare le sostanze volatili come l’ammoniaca liquida. Di qui, tutta una serie di proposte, sintesi di intuizioni di studiosi delle diverse discipline scientifiche. Però soltanto alla vigilia del primo conflitto mondiale l’olandese Otsen ottiene il brevetto per il congelamento di prodotti freschi su scala industriale. Poi la surgelazione, tecnica che agisce anche sugli enzimi, sulle muffe, sulle vitamine. Scoperta questa dovuta a Birdseye, inizialmente riservata al pesce e successivamente, sia pure con una diffusa perplessità, ai vegetali. Ma siamo probabilmente soltanto agli inizi, si parla, si annuncia, si sperimenta e in parte già si applicano le nanotecnologie, l’azo
to liquido, l’alta tensione, le radiazioni ionizzanti, le alte pressioni. Le applicazioni del freddo sono ancora all’avanguardia, mentre si moltiplicano e si aggiornano continuamente i dispositivi industriali per proporre queste trasformazioni ormai entrate nelle case di tutti o quasi, i frigoriferi, i surgelatori, il ghiaccio, gli abbattitori di temperatura. “I cibi della nonna – scrive Renzo Pellati – sono rimasti un sogno.” Ma la ristorazione italiana, famosa nel mondo e senza mortificare le radicate tradizioni gastronomiche, assicura che le caratteristiche nutrizionali e organolettiche dei nostri cibi continuano a migliorare. I suoi protagonisti in cucina riescono a dimostrarlo con fantasia ma anche con un continuo aggiornamento tecnologico.