“In casa mia mi fa meglio una rapa ch’io coco e cotta s’uno stecco inforco e mondo e spargo poi d’aceto e sapa…” (Ludovico Ariosto, 1474-1533)

L’uomo, molte migliaia di anni fa, è sopravvissuto grazie alla caccia ai grandi carnivori, poi ha allungato la sua dieta giornaliera o quasi, alle erbe con concorrenti tutti gli esseri selvatici a cibo unico. Poi si sono aggiunti tuberi e radici correndo qualche rischio di morire avvelenati. E infine l’agricoltura. E a tutto il resto fino ai nostri giorni. Ovviamente i dinosauri, e tanti altri grandi animali, non ci sono più, molte erbe lo stesso, mentre le radici (spesso sono confuse con i tuberi, cosa ormai accettata), ci sono ancora. Anzi, da cibo di sopravvivenza, le radici selvatiche e quelle coltivate, sono componenti sicure di una cucina che vuole sempre stupire. E non dimenticando le origini date dalle coltivazioni conventuali e monastiche obbligatorie per assicurare a molte anime pie un minimo di sostentamento. E ancora adesso sono ben presenti in tutte le tavole regionali sotto forma di minestre, minestroni, patatone e frittate. Per chi sta ai fornelli cercando di “inventare” qualcosa sfruttando quelle capacità e fantasia che ci sono invidiate, non è facile elaborare nuovi piatti senza ripetersi, visto che di radici commestibili ce ne sono soltanto una quindicina e non tutte facilmente disponibili in ogni stagione. Certo, alcune vengono da altri mercati anche per il diffondersi anche da noi delle gastronomie orientali che ne fanno largo uso. Ma per chi usa da sempre pasta, riso, carne e pesce, la scelta si limita, o quasi, alle radici note non soltanto per i loro valori nutrizionali ma anche per la riconosciuta efficacia medica e terapeutica. Sull’uso in cucina occorre sfruttare gusti e sapori patrimonio delle cucine tradizionali dove le radici trovano da sempre un ruolo. E allora riscopriamole con l’involontaria complicità di vegetariani e vegani, anche quando le troviamo già lavate, tagliate e confezionate. A noi, poveri consumatori sempre aggrediti dalle tante novità culinarie, non ci resta, salvo le solite eccezioni, che contare soprattutto sul mitico orto della nonna visto che i conventi, un tempo vere “miniere” dei cibi spontanei, ormai sono quasi scomparsi.