“Chi sarebbe questa Federica?”

Adalberto deglutì, cercando di prendere fiato mentre guardava sua moglie che stava armeggiando col suo cellulare. Richiuse la porta di casa lentamente.

“Come?” gli riuscì di dire, cercando di controllare tutti i segni di panico che il suo corpo mandava. Si girò per togliersi la giacca, sperando che non fosse evidente il rossore che lo imporporava dalla fronte agli alluci.

“Federica – lesse la moglie, scrutando il display del telefonino – sei il mio carciofo: corazzata all’esterno ma a chi ti sa spogliare
piano piano, riveli un cuore tenero e dolce come il paradiso.” La donna si rimise gli occhiali che si era tolta per leggere da vicino.

“Allora?”

Adalberto cercò di fare l’indifferente e gli venne da dire: “Ecco dov’era il mio cellulare! Dove l’hai trovato?”

“Non cercare di fare il furbo, non sviare il discorso! Rispondi!” urlò.
“Amore, ti giuro che …”

“Non giurare, non mentire, dimmi chi è questa puttana!”

“Lascia che ti spieghi … – balbettò, mentre i neuroni del cervello giravano alla velocità della luce alla ricerca di una via di scam-
po – vedi … l’ho cercato tutto il giorno …”

“Voglio sapere chi è questa Federica che è un carciofo, brutto lazzarone!

“Ma non c’è nessuna Federica, lo sai che amo solo te, che non farei mai …”
“Stai zitto! Dimmi solo chi è e dopo puoi uscire da quella porta e non tornare mai più.”

Lampo di genio: Adalberto aveva trovato il pertugio dove infilarsi per trovare la salvezza: “Sono stati i colleghi di ufficio, tesoro, che hanno voluto farmi uno scherzo … Me l’avranno preso a mensa e ci hanno scritto su questa fesseria. Non è come credi! È uno scherzo che fanno ogni tanto, lo hanno fatto anche a Milani, sai quello del personale … telefonagli se non ci credi, vedrai confermerà”. Era riuscito a raggiungere la tavola mentre la moglie si posizionava dalla parte opposta, badando bene a non lasciarlo avvicinare.

“Io non telefono a nessuno. Adesso torni da tua madre e domani mattina vado dall’avvocato”. Adalberto si sedette e decise di cambiare strategia: “Basta! – gridò – smettila, devi credermi – si alzò di scatto, imprecò e serrando i pugni, continuò – domani mattina vado in ufficio e spacco la faccia a quella testa di cazzo di Milani così impara, ‘sto deficiente!”

“Come sai che è stato Milani? “Suppongo io, avrà voluto vendicarsi. Proprio con me doveva prendersela, ‘sto coglione”
Andarono avanti ancora per un po’; mangiarono tardi e, prima di dormire fecero anche l’amore. A notte fonda Adalberto non aveva ancora preso sonno: l’aveva scampata bella. Gli vennero i sudori freddi rivivendo la scena della sera. Meno male che si era messo d’accordo con Alessandra, la migliore amica di sua moglie, di darsi un nome in codice, così, non si sa mai. Come i partigiani durante la resistenza. Due amanti, amanti partigiani.

Flavio Bisson