L’elogio del “misto”

A metà settembre sono stato a Tesido, paese del sole, all’ingresso della Valle di Casies, laterale della Val Pusteria. Il maso dove ho villeggiato è a 1400 m di altitudine, una fattoria di 28ha, proprietà della famiglia Schwingshackl.
È un maso chiuso. Un maso viene definito “chiuso” quando il proprietario afÀ da in vita l’intero maso al suo successore. Nel 1526
l’Ordinamento Territoriale Tirolese vietò la divisione degli immobili e delle proprietà al À ne di contrastare l’impoverimento delle famiglie contadine e offrire continuità nel presidio territoriale e nell’ambiente. Durante il Fascismo tale legge fu infelicemente abolita, nonostante ciò, venne comunque rispettata dalla maggior parte degli agricoltori. Nei primi anni ‘50 essa venne di nuovo introdotta come legge provinciale. Oggi, in Provincia di Bolzano ben 11.000 sono masi “chiusi” (su 19.000 aziende agricole). E’ un
costume vivo e oggi più importante che mai. Qui i boschi sono dei veri “giardini” in salita o in discesa, a colorarli sono i mirtilli, i lamponi, gli spessi muschi, ma soprattutto i funghi, variopinti e multiformi. Per molti andare in bosco significa solo andare a caccia di funghi porcini, perdendo tutto il resto dell’interessante presenza di specie e varietà, dimenticando che il miglior piatto di funghi è il misto e che con il misto si possono creare contorni e zuppe di funghi dal gusto unico e indimenticabile. Sono sempre stato a favore di una cucina pulita, che parte dagli ingredienti: naturali, freschi e genuini. Oggi sono sempre più rari i ristoratori che possono disporre di cercatori locali capaci e competenti che forniscano il misto di funghi, che ogni stagione consente, dato che nei mercati generali solo in quelli di Trento e Genova si può reperire una varietà superiore alle cinque di norma presenti, e non sempre, in tutti gli altri mercati (porcini, finferli, finferle, chiodini, ovoli). Ogni anno mi diverto a confezionare misti scegliendo quelli disponibili al momento e cercando un equilibrio tra i sapori, eliminando di principio aglio e prezzemolo, troppo forti e snaturanti l’aroma del sottobosco. Un esempio concreto: è il momento dei finferli?

Ecco come creare una zuppa equilibrata che non sappia solo di finferlo ma suggerisca sapori e colori diversi e si farà ricordare da chi potrà consumarla.

Zuppa di funghi

Ingredienti (dose per 8): 1000g di funghi suddivisi tra 250g finferli (cantharellus Cibarius), 100g pholiota (rozites caperata), 100g boleti “dolci” (edulis, pinicola, reticulatus), 100g boleti “aspri” (badius, luteus, elegans), 100g russule (mustelina, cyanoxanta, aurata), 100g finferle (lutescens o tubaeformis), 100g hydnum repandum, polyporus ovinus o laccaria laccata, 100g di prataioli (psalliota arvensis, campestris o silvatica), i 50g rimanenti per 2 o 3 tricholoma nudum o clitocybe odora, 4 o 5 funghi dell’aglio (marasmius scorodonius), infine sale grosso, un pizzico di pepe nero macinato.
Puliamo, laviamo, tagliamo i funghi e cuociamo su soffritto di cipolle bianche tagliate À ni e carote con olio extra vergine di oliva della Liguria, o del Garda o Veneto, non troppo deciso. Attendiamo che si consumi l’acqua di vegetazione quindi uniamo il brodo (2 litri), preparato a parte e portato all’ebollizione (per il brodo, lo realizziamo con l’acqua dei porcini secchi e con preparato vegetale senza glutammato). Quindi aggiungiamo al setaccio della farina (1 cucchiaio) mescoliamo efÀ cacemente in modo che il tutto si addensi leggermente. Cuociamo a fuoco basso per almeno 20 minuti, serviamo caldo con crostini di pane, e aggiungiamo sul piatto un filo di olio extra vergine d’oliva di Brisighella (cultivar nostrana) o del Salento (cultivar cellina), non aggiungere formaggio.

Francesco Donadini