Non tutti sanno che nella tradizione gastronomica italiana, il carciofo sostiene diverse tipologie di trasformazione e cottura, in base al taglio a cui è sottoposto. Teniamo da parte la cultura del carciofo tagliato per essere consumato crudo o macerato e parliamo solo del carciofo cotto. In primo luogo lo si deve considerare come una struttura sferica, soprattutto quando lo tagliamo a spicchi. Intendiamo parlare del carciofo, dopo averlo pulito, reso privo delle foglie esterne e integro del suo gambo. Ciò significa che quando esso viene tagliato a spicchi è in ottavi oppure in quarti: in entrambi i casi sarebbe opportuno applicare un sistema di cottura veloce. Leggiamo una tabella esemplificativa del carciofo a spicchi elaborata con i miei allievi di scuola del terzo anno dell’IPSSAR “G. Maffioli”, con i quali abbiamo studiato la logica del corretto sistema di cottura adattato all’alimento in questione, seguendo dei parametri precisi, dalla preparazione alla cottura, per giungere ad un giudizio di natura degustativa. La prova di cottura fatta al carciofo, con il taglio a spicchi in quarti, è stata molto difficile e per questo alla fine abbiano preferito mettere solo il risultato della cottura definita al salto. Abbiamo capito che quando il carciofo si cucina non deve mai essere irrorato con umidità fredde, mai al minimo del fuoco ed è necessario usare materiali per la cottura ad alta conducibilità di calore, altrimenti si rischia lo sfaldamento del fiore: le foglie tenderanno ad allontanarsi da fondo e il nostro quarto di carciofo diventa sfaldato. Per quanto riguarda la cottura del carciofo tagliato a metà o intero, la vera scoperta per i ragazzi è stata quella di capire che il carciofo non ha bisogno di essere mescolato durante la fase di cottura e che, per essere cotto, possibilmente in tegame di cottura sarà sempre coperto con coperchio – deve avere almeno metà del suo volume di umidità.
Marco Valletta