Paese che vai e salume che trovi! A nord-est, per esempio, regna la “sopressa”: con il marchio DOP abbiamo quella vicentina, ma con il riconoscimento di PAT – prodotto agroalimentare tradizionale – ne contiamo ben nove, una in Friuli e otto nel Veneto (XV° revisione del 17.06.2015). Come di solito capita, si apre un acceso dibattito per capire se sia migliore il prodotto industriale o quello artigianale. Alla fine, come spesso accade con i prodotti della nostra storia e della nostra tradizione, tende a prevalere la ricerca del prodotto “de casada”, abitudine dei consumatori che non sempre trova – giustamente – l’avvallo della Sanità Pubblica. La trasmissione delle notizie utili di generazione in generazione (ricetta/formulazione, procedure di produzione e di stagionatura, caratteristiche organolettiche…), soprattutto negli ultimi decenni, è avvenuta in forma frammentaria. Non mancano anche gli appassionati “fai-da-te” (tanto sul web si trova tutto!). Il risultato è un aumento reale del rischio di tossinfezioni alimentari. Per ovviare a queste problematiche, si possono scegliere varie strade. La prima – quella apparentemente più logica – è quella di vietare la produzione, la stagionatura e la vendita di salumi fuori da laboratori attrezzati, muniti di riconoscimenti e di procedure documentate di autocontrollo. Sappiamo però che il proibizionismo non porta ai risultati desiderati (ce lo insegna la storia). La soluzione si chiama “PPL – Piccole Produzioni Locali”. Si tratta di iniziative su base regionale (e di conseguenza con possibili modalità e velocità di attuazione diverse). Veneto prima (D.G.R.1526/2012) e Friuli Venezia Giulia a ruota (D.P.Reg. 21.02.2014) hanno regolamentato tali produzioni, partendo dal fatto che i Regolamenti del “pacchetto igiene” escludono dal loro campo di applicazione la fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al consumatore finale o a dettaglianti locali. Viene così consentito agli imprenditori agricoli a titolo principale e non, che non svolgano, anche in forma partecipata, attività analoghe soggette a registrazione (ai sensi Reg CE 852/2004) o riconoscimento (Reg CE 853/2004). La produzione, lavorazione, preparazione e vendita delle PPL deve rappresentare per il produttore primario una integrazione al reddito e non l’attività principale della propria azienda. La vendita dei prodotti può avvenire esclusivamente in ambito locale sia direttamente presso la propria azienda, sia in occasione di fiera o mercati, nell’ambito della provincia e di quelle contermini. Il produttore primario può, altresì, fornire i prodotti a dettaglianti locali o ad esercizi di somministrazione purché tale fornitura sia limitata al 30 per cento della sua produzione annuale. Per quanto riguarda i salumi, s’intendono quelli ottenuti dalla lavorazione di un numero massimo annuale di trenta suini, allevati dal produttore primario nella propria azienda per almeno quattro mesi. I suini devono essere macellati nel periodo da ottobre a febbraio presso stabilimenti riconosciuti. E’ consentito l’utilizzo di ingredienti e additivi necessari per la lavorazione del prodotto nel rispetto della tradizione.

Si distinguono:

  • prodotto di salumeria stagionato: salume stagionato per un periodo sufficiente a ridurre l’attività dell’acqua (activity water – aw) a un valore inferiore o uguale a 0,92 ed una percentuale di sale sulla ricetta non inferiore al 2,5%;
  • prodotto di salumeria fresco: il prodotto di salumeria che deve essere consumato previa accurata cottura (attività dell’acqua– aw con valore superiore a 0,92).

I principi su cui si basano i regolamenti regionali succitati per il contenimento del rischio si basano non soltanto sull’intensa attività dei servizi veterinari locali, ma anche e soprattutto su formazione e costante aggiornamento degli operatori, sfruttando prezioso materiale predisposto dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale 94 delle Venezie.