Ero certo che sarebbe successo, con l’avvento delle trasformazioni e delle evoluzioni in cucina che hanno reso star cuochi eccellenti, ora tocca anche al bar. I bartender assetati di celebrità hanno dovuto cercare nuovi modi di comunicare per farsi notare. L’argomento è quanto mai attuale e termini come “mixoligy” e “mixologist” rientrano nel vocabolario comune, ci sommergono le aziende e ne parlano i media, tutto per riportare il cliente al cocktail bar. Dalle grandi città fino ai piccoli centri fioriscono locali ispirati all’era del proibizionismo, con personale addobbato all’occorrenza, dove quello che conta è stupire, sia dal punto di vista visivo che gustativo. Ecco allora comparire vecchi testi di miscelazione dove erano rappresentati sciroppi e infusi alchemici e ove mescolare l’improbabile fa tendenza, perché il gusto verso l’ignoto affascina. L’impegno e la cura in ciò che si fa, spingono i barman a ricercare ed utilizzare bicchieri, contenitori vintage, mixing glass e shaker d’epoca oltre a liquori ed elisir poco utilizzati e spezie poco note, con l’ausilio di tecniche aromatizzanti che provengono dalla food art. Ricercatezza di attrezzature e materie prime non devono però allungare i tempi di preparazione del cocktail che è anche positivo preparare con prodotti freschi, semplici, di altissima qualità, maggiormente reperibili sul territorio e meno costosi (elemento che incide anche sul prezzo al consumatore finale). Con l’avvento del freestyle o del flayr ho osservato una “generazione” di ragazzi che hanno investito il loro tempo a studiare esibizioni a scapito della qualità e si è generato un circolo vizioso di mixologist alla costante ricerca di qualcosa di nuovo, di scavalcare il classico, l’ovvio che nel frattempo si è evoluto e adeguato ai tempi. Nonostante ciò, ho conosciuto numerosi ragazzi lavorare con professionalità e ho avuto modo di gustare elaborati eccellenti. Credo, che superata questa tendenza, la quale ha sicuramente portato freschezza nel comparto, come peraltro ha fatto anche il flayr, si tornerà nuovamente alle origini. Un barman classico che non dovrà vergognarsi di lavorare in giacca bianca, di essere veloce, efficace ed efficiente, che sappia relazionarsi con il cliente, ed abbia una buona immagine, pulita ed elegante; perché il cliente non chiede solo un drink buono da bere, ma anche elementi aggiuntivi che caratterizzano il servizio come l’accoglienza, la cordialità e, come dice il Maestro Arrigo Cipriani, il sorriso!