Alla scoperta della cantina di Ugo e Sebastian sul Monte Amiata
“Per anni ci siamo chiesti dove avremmo trovato il nostro terroir, ossessionati dalla ricerca di una geologia tutta nostra.
Gli anni passavano, bottiglia dopo bottiglia, campo dopo campo, alla fine è arrivato, come un maestro che appare quando l’allievo è pronto.
Era sempre stato lì, a pochi chilometri da noi a guardarci dall’alto, avvolto nel mistero, orfano di un custode, di un interprete in cerca di qualcuno che trovasse il coraggio di crederci.
Altitudine, neve, escursioni termiche, terreni geologicamente antichi, ricchi di sedimenti calcarei che salendo si trasformano in Flysh e sabbie vulcaniche.
Qui abbiamo deciso di affondare le radici ed intraprendere la nostra spedizione, con l’obbiettivo di ascoltare questi luoghi e tradurli in vino per primi, come esploratori di una nuova terra appena scoperta.
Liberi da regole e disciplinari, curiosi di capire, ispirati da maestri artigiani che per anni hanno monopolizzato le nostre bevute.
Finalmente il nostro sogno si è realizzato, proprio qui sull’antico vulcano, il Monte Amiata, una pagina bianca che speriamo di scrivere bottiglia dopo bottiglia.
Ci sentiamo come pionieri giunti su una nuova terra, da un lato la voglia di fare è molta, ma dall’altro le nostre esperienze professionali, così come i numerosi calici che sono passati sulle nostre tavole, ci insegnano che ci vuole il coraggio di non intervenire e di concedere libertà alla natura.
Crediamo che il punto d’inizio sia accettare il nostro ruolo di custodi invece che comandanti, vedere la natura come la nostra più grande risorsa per produrre un vino vero e di terroir, un vino dove la natura, ovvero la vita, non sia stata intralciata o dominata.
Dove sia in vigna che in cantina l’uomo si è concesso qualche rischio in più e si è messo un po’ a lato, cosciente che la posta in gioco è l’assoluta bellezza delle cose scolpite dalla natura, imparagonabile al miglior artificio che la mano umana possa concepire.
In vigna coltiviamo secondo i principi dell’agricoltura biodinamica, per noi è importante restituire una fotografia nitida del luogo e della sua stagione, in cantina preferiamo gestazioni lunghe che accolgano il microcosmo del luogo.
Ci avvaliamo di contenitori di vario tipo per lo più neutri e porosi.
Non disdegniamo raspi e fermentazioni a grappolo intero, sarà il vino stesso a indicarci la giusta via, noi possiamo solo essere artigiani sensibili e fiduciosi.
Si tratta di aver fiducia nel proprio luogo e nei suoi frutti, lasciare che completino la trasformazione con i lieviti indigeni; più s’interverrà sulle uve o sui vini durante il processo, cercando d’indirizzarne la traiettoria, più ci allontaneremo dalla direzione che l’uva avrebbe preso naturalmente e così che il terroir si rivela e diviene la voce di ogni luogo.
Il buon vino, quello dove il terroir affiora in tutta la sua dettagliata complessità ha bisogno di spazio, di concessioni, ovvero la natura sia in vigna che in cantina ha bisogno di sentirsi libera per rivelarsi e l’uomo può agevolare questa fioritura mettendosi il più possibile al servizio o può imporre le sue convinzioni ed idee, assicurandosi la dissoluzione dell’anima del vino.”
Ugo e Sebastian Cantina Bakkanali nasce a Poggioferro, piccola frazione del comune di Seggiano in provincia di Grosseto, ad un’altitudine variabile tra i 600 e gli 800 metri, alle pendici del monte Amiata, antico vulcano spento.
Nata dall’idea di Sebastian Nasello e Ugo Fabbri, Bakkanali è un’azienda giovane e dinamica, amici con la voglia di condividere un’esperienza comune nel mondo di cui fanno parte ormai da anni, ricercando però un territorio che permetta loro di rispecchiarsi nella quotidianità del vivere e del bere.
In omaggio ai banchetti durante i quali i romani celebravano l’estasi della vita.
Bakkanali incarna appieno questo concetto: la celebrazione dell’entusiasmo, del piacere della condivisione che accompagna ogni bevuta tra amici e persone care.
Altitudine, neve, escursioni termiche, terreni geologicamente antichi, ricchi di sedimenti calcarei, tutti elementi che conferiscono unicità alle uve di cabernet sauvignon e sangiovese qui coltivate.
In vigna coltivano secondo i principi dell’agricoltura biodinamica, per restituire una fotografia nitida del luogo e della sua stagione, preferiscono gestazioni lunghe che accolgono il microcosmo del luogo.
Si avvalgono di contenitori di vario tipo, per lo più neutri e porosi.
Secondo loro possono solo essere artigiani sensibili e fiduciosi.
Hanno deciso di lavorare prevalentemente con contenitori che non rilascino alcun gusto al vino.
Di conseguenza, vinificano e affinano la maggior parte dei loro vini in cemento, alcune volte in acciaio.
Solo la parcella di Poggioferro viene vinificata in tino aperto di legno, perfetto per gestire il tutto a grappolo intero.
L’idea è quella di premiare la texture dei vini del Monte Amiata, spesso caratterizzati da pH bassi e sensazioni ematiche ricche di energia, scaricando il vino di tutto il superfluo.
Per loro, la vera arte sta nel togliere, non nell’aggiungere.
I loro vini sono straordinariamente freschi e godibili, sentori di viola e frutti rossi, erbacei con note agrumate.
Perfetta corrispondenza gusto-olfattiva con tannini presenti ma non troppo tenaci, in equilibrio con la loro vibrante essenza.
Vini che buttano uno sguardo al futuro, contro il surriscaldamento climatico.
Grande predisposizione alla gastronomia, prevalentemente carne, arrosti e stracotti, manzo, ma, perché no, ortaggi e verdure in preparazioni dal gusto deciso che prevedono l’utilizzo di farciture con carne, uova, formaggi d’alpeggio.