LA NORMATIVA ITALIANA IN MATERIA CONTRO FALSI E TRUFFE ALIMENTARI

Recentemente il tartufo, come molti altri prodotti vanto della nostra produzione italiana, è stato oggetto di numerose truffe alimentari mediante le quali prodotti di provenienza straniera, in particolare dal Nord Africa, a volte anche con divieto di commercializzazione in territorio italiano, sono stati spacciati per pregiati tartufi quali il Tartufo bianco d’Alba o il Tartufo Bianchetto. L’Italia è tra i più importanti produttori di tartufo al mondo con produzioni eccellenti in particolare in Piemonte, Toscana, Marche, Molise, Umbria, Campania e Lazio, con la conseguenza che i falsi nel suddetto campo alimentare sono cresciuti, diventando un fenomeno frequente e all’ordine del giorno che richiede, pertanto, un attento e minuzioso rispetto della normativa italiana in materia rappresentata in particolare dalla legge n. 752 del 1985, successivamente modificata dalla seguente legge n. 162 del 1991, disciplinante la raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo. La normativa citata affida alle Regioni il compito di regolamentare con propria legge nel rispettivo territorio orari, calendari e modalità di raccolta e vigilanza al fine di tutelare e valorizzare il tartufo, salva comunque la vigenza della disciplina generale concernente l’igiene ed i principi fondamentali della normativa dei prodotti alimentari. Nei boschi e nei terreni non coltivati la raccolta dei tartufi è libera mentre devono essere appositamente delimitate le tartufaie controllate e coltivate, rispettivamente le prime naturali migliorate e regolamentate, le seconde impiantate ex novo, per le quali le Regioni, su richiesta di soggetti titolati, possono rilasciare attestazioni di riconoscimento, oltre che essere possibili appositi consorzi volontari per la salvaguardia del prodotto. La normativa esige che i tartufi destinati al consumo appartengano a specifici generi e specie con determinate caratteristiche organolettiche e botaniche riportate dettagliatamente negli allegati alla legge, richiedendo che l’esame per l’accertamento delle specie sia possibile a vista e, in caso di dubbio e/o contestazione, con esame microscopico delle spore presso centri specializzati. I tartufi freschi per essere destinati alla vendita devono essere distinti per specie e varietà, presentarsi sani e ben maturi, liberi da corpi estranei ed impurità, con distinzione tra tartufi interi e spezzettati, indicazione dello specifico nome italiano e latino di ciascuna specie e varietà e precisazione della zona geografica di raccolta. Anche per i tartufi posti in vendita conservati la legge detta una serie di disposizioni concernenti la necessità di recipienti ermeticamente chiusi, muniti di etichetta indicante il nome e la località della ditta confezionatrice, il nome italiano e latino del prodotto, la classifica, il peso netto e l’indicazione di “pelati” quando si presentano liberi dalla scorza. Il confezionamento avviene con l’aggiunta di acqua e sale o solo sale, restando facoltativa l’aggiunta di vino, liquore, acquavite o altre sostanze non nocive alla salute, comunque da denunciarsi in etichetta in caso di utilizzo e richiedendosi la sterilizzazione. La vigilanza della suddetta normativa è affidata al Corpo forestale dello Stato, alle guardie, alla polizia ed agli enti locali che perseguono come fine istituzionale la salvaguardia dell’ambiente e la protezione della natura, con l’applicazione ai trasgressori di sanzioni  in caso di omissioni o violazioni.