PERCORSI DI (BUON) GUSTO TRA CIBO E STORIA

G come grano, P come pane. Lettere ricche di sapore e di storia. Iniziali di parole che raccontano affascinanti episodi risalenti alle origini dell’uomo e della sua alimentazione. Ascoltate e degustate in un contesto suggestivo che coniuga l’arte della stampa con l’arte della cucina stimolando infinite associazioni sensoriali. Parliamo di “Alfabeto della terra e della tavola”, un ciclo di conferenze con cena dedicate al cibo e alla cultura, in perfetta sintonia con i temi dell’Expo 2015, organizzato tra febbraio e giugno dalla Tipoteca Auditorium e dal ristorante “Le Corderie” di Cornuda (TV), in collaborazione con Slow Food Colline Trevigiane, Biblioteca Internazionale la Vigna di Vicenza e Ca’ Foscari Challenge School. Cinque appuntamenti magistralmente condotti dal Professor Danilo Gasparini, docente di ‘Storia dell’agricoltura e dell’alimentazione’ all’Università di Padova e cotti a puntino dalla chef del ristorante “Le Corderie”, Cristina Colle. Una serata fragrante e profumata come il pane e le antiche stamperie, quella alla quale ero presente, in rappresentanza di Zafferano. “Raccontare la storia dei cereali è raccontare la storia del pane. Gli Egiziani e i Greci preferivano quello d’orzo, mentre i Romani farro e frumento, costruendoci attorno feste religiose e una complessa politica annonaria che doveva garantire granai pieni…”. E le parole del professore corrono, una dopo l’altra, attraverso i secoli, raccontando la diffusione nel Medioevo del mulino ad acqua, la scoperta della pasta, vera grande metafora dell’unità a tavola di un’Italia ancora non politicamente unita. E, ancora, il matrimonio della pasta con il pomodoro celebrato nei primi decenni dell’800, la Battaglia del grano nel 1925 per aumentare la produzione granaria italiana e non dipendere dall’estero e, via via, episodi sempre più vicini ai nostri giorni. Giorni nei quali, purtroppo, il consumo del pane è sceso ai minimi storici: si attesta attorno ai 32 Kg annui pro-capite rispetto ai 26 della pasta e rispetto al chilo e più al giorno di pane che si consumava a Unità d’Italia appena fatta.

Un’unità che però si è ritrovata alla tavola imbandita del ristorante grazie all’eccellente chef Cristina che ha messo tutti d’accordo con un menù ricco di spunti di riflessione ‘primordiali’: “Ho scelto di legare i piatti alle ‘origini’, alle prime tappe di quel lungo percorso che, nel Neolitico, ha trasformato l’uomo da predatore-cacciatore in allevatore-agricoltore…”. Ed ecco i risultati:

Tre cereali al vapore con emulsione di mosto di oliva estratto a freddo, cipollotto novello e pepe nero. Lenticchie, miglio e farro. Cereali diversi fra loro, riuniti in un piatto dal gusto semplice, cotti al vapore per mantenerne perfettamente intatte le proprietà nutritive. Ci si accosta un gusto deciso, quello del cipollotto novello, legandoli grazie a un’emulsione di mosto di oliva estratto a freddo e ravvivando infine il tutto con una macinata di pepe nero.

Chiocciola di grano arso ripiena di ricotta di pecora con crema di ortiche e fagioli gialét. L’idea è quella di esaltare il tipo di farina impiegata: una farina ottenuta con grano tostato (arso). Il ripieno di ricotta di pecora evidenzia invece un prodotto che si poteva ricavare già in epoca antichissima. Si accompagna poi una pianta dal seme antico, i fagioli gialét della Valbelluna, a un’erba spontanea di stagione, l’ortica, solo bollita e frullata.