La nascita del formaggio si perde nell’antichità dei tempi ed è connessa all’inizio della pastorizia. Secondo la leggenda fu il caso a determinare la comparsa della prima “forma” di formaggio: un mercante arabo stava attraversando il deserto portando con sé del latte fresco conservato in un bisaccia ricavata dallo stomaco di una pecora. Il caldo, l’oscillazione della bisaccia e gli enzimi presenti all’interno dello stomaco della pecora acidificarono e coagularono il latte tramutandolo in formaggio. Un’altra leggenda sull’origine del formaggio si trova nella mitologia greca classica: furono le ninfe di Ermes ad insegnare ad Aristeo, figlio di Apollo, divinità protettrice del bestiame e dell’agricoltura, l’arte della vita pastorale e della produzione del formaggio, consentendone la diffusione tra i mortali. Durante il periodo della grande civiltà greca la produzione di formaggio ebbe una grande spinta, infatti diverse sono le opere letterarie che ne testimoniano la rilevanza: nell’Odissea, Omero presenta Polifemo, nel libro IX, il ciclope-pastore, che descrive minuziosamente la mungitura delle pecore e la trasformazione del latte in formaggio. Sempre secondo Omero, il formaggio fu la principale fonte di alimentazione di Zeus, nutrito con il latte e i deliziosi formaggi della capra Amaltèa. Anche Aristotele nel trattato “Storia degli animali”, (IV secolo a.C.) rileva come il latte venisse fatto coagulare con lattice di fico e con fiori di cardo, o anche con il caglio ricavato dallo stomaco di agnelli o capretti. Ippocrate, considerato il padre della medicina, nel I sec. a.C. raccomandava il formaggio per il suo considerevole valore nutrizionale e per gli effetti terapeutici: pare infatti che il formaggio venisse consumato da due categorie di persone sottoposte a stress e fatica: i legionari e gli atleti. I primi, racconta Virgilio nel I sec. a.C., ne consumavano 27 g al giorno con lo scopo di ridurre la fatica. Si dice invece che i secondi, impastandolo con olio di oliva, farina, frutta e miele, ne traessero energia per affrontare le dure prove delle olimpiadi. Il documento più antico che testimonia le fasi di lavorazione del latte si trova nel Fregio della latteria un bassorilievo sumero del III millennio a.C. che raffigura i sacerdoti, esperti caseari, nelle operazioni di mungitura. I Romani perfezionarono l’arte casearia impiegando anche il latte di vacca (usato di rado dai predecessori, perché ritenuto nocivo) e introducendo lo zafferano e l’aceto per ottenere la cagliata. Nel I sec. d.C. applicarono la pressatura per accelerare la stagionatura, adoperando dei pesi forati. Illustri scrittori romani, hanno descritto in modo dettagliato la produzione e l’uso del formaggio come ad esempio Marco Terenzio Varrone che illustra i principali tipi di formaggi consumati nel II secolo a.C. (vaccini, caprini e ovini freschi e stagionati). Nel Medioevo ci furono dapprima dei pregiudizi sul formaggio perché i trattati di dietetica limitavano il suo consumo, ritenendo che solo piccole dosi non nuocessero alla salute. Nel corso del Basso Medioevo venne rivalutato il “cibo dei poveri” in quanto pietanza sostitutiva della carne nei giorni di astinenza infrasettimanale, di Vigilia e Quaresima, per questo motivo i monasteri diedero un importante impulso alla produzione casearia. In Italia e in Europa i formaggi che noi consumiamo oggi ebbero origine in questo periodo.