Quando si parla di piatti freddi spesso si pensa ad un pasto veloce, frugale e di minor pregio, anche se molto spesso non è così.
Questo modo di pensare credo derivi da una tradizione popolare che associa il piatto freddo al pasto consumato nei campi, in cantiere o in fabbrica durante una breve pausa pranzo.
E mi riporta indietro nel tempo e mi fa pensare a certi discorsi che si facevano in famiglia quando ero piccolino. Non ho vissuto le difficoltà del periodo bellico ma ne ho sentito parlare spesso, specialmente quando a casa mia venivano parenti e amici dei miei genitori.
Mio papà, essendo del 1906 ed avendo un incarico se si può dire “istituzionale” di lavoro sociale (era il fornaio del paese), non era stato chiamato alle armi. Sia per la tipologia di lavoro che faceva, sia perché la mia famiglia viveva in un paesino di campagna, sicuramente ha sofferto meno la fame di altre famiglie che avevano il capo famiglia o i figli maggiori in guerra o che vivevano nelle grandi città. Tra i discorsi che si facevano la sera (non tardi ovviamente, perché l’usanza era di andare a letto molto presto) ricordo racconti di ragazzi di città di 7-8 anni che venivano mandati dai genitori “a garzone” presso alcuni contadini in campagna per sfamarli. In campagna infatti, tra coltivazioni di grano, orzo, alberi da frutto, qualche orto, animali da cortile, noci, castagne e quanto offriva la natura si stava un pochino meglio, o per lo meno non era proprio fame disperata.
Alcuni racconti mi sono rimasti impressi perché immagino lo sforzo giornaliero degli uomini di procurare qualcosa da mangiare e la fantasia e la capacità delle donne nell’ utilizzare e rendere gustoso quel po’ che era disponibile, facendolo bastare per tutti. Mancava tutto.
L’ Italia era molto impreparata all’entrata in guerra, non solo a livello bellico ma anche come scorte e vettovagliamenti per l’esercito e per la popolazione. Nel 1940 venne introdotta la tessera annonaria, rinominata in breve tempo “tessera della fame”. Un simile strumento era stato adottato da quasi tutti gli stati in guerra ma, considerando le scorte messe a disposizione, si capiva che la preparazione al conflitto era stata dalle altre nazioni gestita con più oculatezza. Per un certo periodo, anche dopo la guerra, veniva citata ed esibita da qualcuno nelle serate conviviali tra ricordi e aneddoti come cimelio. Le tessere erano di tre colori, differenziate in base all’età della persona. Oltre al pane, distribuito ogni giorno, i bollini determinavano la quantità di pasta, farina o grano, zucchero e olio (quasi subito esaurito e sostituito da lardo o strutto) e poco altro di cui ciascuno aveva diritto. Il latte era distribuito solo su prescrizione medica. I pasti freddi, quindi, erano spesso un’ancora di salvezza in quei tempi difficili.
Quand’ero bambino il caffè, una primizia per le grandi occasioni, veniva tostato sulla cucina economica con l’apposito strumento a forma di grande pinza con 2 semisfere e poi macinato nel gigante macinino tutto in ghisa che solo gli adulti riuscivano a girare. I più grandi raccontavano che per tanto tempo al posto del caffè c’era stato un surrogato, fatto con cicoria, orzo, segale e perfino ghiande. Chi ha la mia età ha sicuramente sentito parlare della miscela Leone, dell’ Estratto Olandese con la figura dell’elefante e di altri vari surrogati. Alle volte, Don Antonio e i pochi adulti istruiti del tempo, parlavano delle calorie che la tessera annonaria doveva assicurare. Tutto era stato calcolato da eccellenti nutrizionisti, ma col prolungarsi del conflitto e lo scarseggiare di qualsiasi derrata alimentare, tali soglie non vennero mai rispettate. Solo dopo una decina d’anni è arrivato il cosiddetto miracolo economico che ha risolto queste problematiche. Miracolo economico che ho ben vissuto e cavalcato. Oggi, fortunatamente, tutto è cambiato. Ci lamentiamo ancora dell’ economia, degli stipendi, dei tassi, dello stress, ma spesso il problema è addirittura opposto: dobbiamo limitare quanto mangiamo e beviamo per mantenerci in salute. Si mangia per vivere, non si vive per mangiare. Se parliamo oggi di pasti freddi, infatti, pensiamo a un’insalata di riso, a un piatto di prosciutto e melone, a una pasta fredda, a una caprese o ancor meglio a un’ottimo piatto di pesce crudo.
Ci auguriamo che la tessera annonaria rimanga solo un cimelio e un ricordo del passato.