Questo articolo lo scrivo in omaggio a Pesaro 2024 capitale della cultura. Non parlerò di Rossini, ma dei piatti della tradizione del nostro territorio abbinati ai vini della provincia. Nel periodo pasquale, la colazione annovera piatti freddi che vengono replicati tutto l’anno. La pizza di Pasqua con il formaggio insieme alla “corallina”, salame fatto con le carni più pregiate del maiale, l’uovo benedetto e sodo, la frittata con i fegatini di agnello, rappresentano le delizie fredde della nostra terra. La preparazione della pizza coinvolgeva tutta la famiglia, chi grattugiava il formaggio e lo tagliava a cubetti era la nonna di casa, quella più parsimoniosa. Il vecchio aveva invece il compito di scaldare il forno e alla vergara giovane spettava impastare e amalgamare il composto consistente, lavoro che richiedeva forza nelle braccia. Finito di impastare si tagliava il composto in pezzi di pasta che veniva messa dentro delle casseruole alte rivestite di carta oliata per non farle attaccare. Prima di essere infornate le casseruole venivano stoccate in una stanza buia per la lievitazione. La temperatura veniva regolata con dei bracieri posti sul pavimento. Con questo antipasto si beveva del vino rosso di casa. Oggi ci abbiniamo un Pergola rosso DOC ricavato da uve Aleatico: ne risulta un vino dal color porpora scarico con lievi riflessi violacei dai profumi che richiamano la rosa, il ciclamino, il geranio, i frutti rossi, la marasca, e le more selvatiche.
Nel mio comune, San Lorenzo in Campo, è stata riconosciuta una DE.CO (denominazione comunale) ad una bruschetta di pane di farro abbrustolita, con cipolla rossa di Suasa rosolata in padella, olio extravergine Dop Cartoceto (il nostro comune rientra in questa Dop prestigiosa), sale, pepe, erba cipollina o aglio privato dell’anima. Il Bianchello del Metauro, dai sentori
agrumati, di frutta mela e pera, dai fiori bianchi, si abbina meravigliosamente.
Un’insalata, oggi purtroppo insolita, composta da erbe di campo miste: crespigno, caccialepre, raponzoli, grugnetti, ginestrella, con aggiunta di guanciale a julienne soffritto, condito con olio extravergine Dop Cartoceto, sale, pepe e un po’ di aceto di vino, con l’aggiunta di uova sode, olive denocciolate e cubetti di Casciotta di Urbino. Un piatto della tradizione contadina, oggi introvabile, veniva abbinato con vino bianco di casa fatto con uve Biancame e Malvasia. Oggi lo accostiamo al Grottino fatto con uve il Famoso della zona del Montefeltro che è caratterizzato da un colore giallo paglierino e al profumo presenta note di ginestra e mimosa, foglia di the verde e maggiorana, tra le quali spicca una nota agrumata di cedro, nespola e ananas.
Poi c’è la frittata ripiena con uova, spinaci, strigoli, farinaccio che è uno spinacio selvatico che cresce in luoghi incolti. Le verdure, una volta lavate e private delle foglie più dure e marce, vengono poste ad appassire in un tegame basso di terracotta di Fratte Rosa con manico, la Codazza. Il farinaccio, molto tenace, viene sbollentato e poi unito al resto delle verdure con l’aggiunta di cubetti di goletta leggermente rosolata. Quindi si prepara la frittata sbattendo le uova e cuocendole non troppo in una padella con po’ d’olio, adagiandovi sopra le verdure con la guanciola. Si arrotola il tutto e si taglia a fette larghe 2 cm e si servono con pane casareccio.
Le frittatine si insaporivano anche con un sughetto preparato con olio (poco), cipolla, un po’ di conserva, sale e pepe. Con questo piatto ho scelto uno spumante, il Nolfo Pisaurum, un Pinot nero dal color rosa ramato, dai sentori di nocciola tostata, pistacchio, fragoline selvatiche, more bianche di rovo e vaniglia. Un cavallo di razza che si discosta un po’ da altri metodi classici,
Un’insalata attuale semplice e gustosa è quella composta da foglie di valeriana, rucola, gherigli di noci e radicchio conditi con una salsa di olio aceto di mele e miele di arancio. Dentro inseriamo due filetti di triglia di scoglio sfilettata a regola d’arte e lasciata marinare nella salsa sopra descritta. Il vino che ho scelto è un Incrocio Bruni, Il Bellantonio. Sentori di frutta fresca, mallo di noce, impreziosito da sentori erbacei. Un vino fresco che una volta deglutito restituisce al palato un’armoniosa persistenza dei sapori del piatto e del vino.
Nota per i lettori: Alcune informazioni le ho attinte dal libro “Fior di Ginestra” della Maestra Luisa Bellagamba Barbadoro. Altre dai ricordi di Nonna Palmina e Mamma Efresina. La nonna, in particolare, era espertissima di erbe e funghi perché ha vissuto in una casa, La Rave, sulle pendici del Monte Strega. La stessa casa ha dato i natali nel 1313 a Bartolo da Sassoferrato, uno dei più insigni giuristi dell‘Europa continentale del XIV secolo e il maggior esponente di quella scuola giuridica che fu definita dei commentatori, nato appunto alla Rave di Venatura nel 1313. Mamma Efresina, invece,una santa Madre e una grandissima cuoca.