Per molti stranieri che vengono in Brasile, assaggiare una caipirinha, conoscere Rio, e mangiare molta carne di qualità in una churrascaria, fa parte del pacchetto obbligatorio del loro passaggio nel paese. Per capire cosa sia realmente una churrascaria, o meglio, il churrasco, carne allo spiedo cotta lentamente sulle braci, bisogna però tornare un po’ indietro nel tempo, addirittura di circa cinque secoli, e neanche nel territorio del Brasile odierno, ma sulla foce del Rio della Plata. Qui nel 1536 gli spagnoli, guidati da Pedro de Mendoza, si stabilirono e fondarono Buenos Aires, portando con sé bovini ed equini, due specie non esistenti nelle Americhe. Tuttavia, questo insediamento fu completamente distrutto solo sei anni dopo, nel 1542, dai bellicosi charruas, popolazione originaria della Pampa, e il bestiame si disperse su questo ecosistema che occupa parte dell’Argentina, tutto l’Uruguay e la porzione più meridionale del Brasile. Il bestiame disperso nella Pampa presto si moltiplicò enormemente, poiché aveva trovato le condizioni ideali: vaste pianure o colline con pochi alberi ed erba di altissima qualità. Così in pochi decenni la Pampa si popolò di migliaia, se non milioni, di bovini. E i charruas impararono a mangiare la loro carne: scavavano un buco nella terra, facevano il fuoco con foglie e legno secco e su spiedi rustici di legno inserivano la carne, tagliata in grossi pezzi. La facevano cuocere lentamente e fondamentalmente mangiavano la carne senza condimenti, solamente come contorno un po’ di tapioca cotta, una radice presente da sempre nel Nuovo Mondo. Quando nel Settecento arrivarono gli insediamenti permanenti degli spagnoli e dei portoghesi nella Pampa, i coloni entrarono in contatto con i nativi e nello scambio culturale, passarono a preparare la carne come i charruas, aggiungendo sale grosso. Così nacquero il churrasco, in portoghese, e l’asado, in spagnolo. La Pampa venne occupata definitivamente a metà Ottocento dagli europei e i vaccari locali passarono ad essere chiamati gauchos, parola di origine indigena, indossando i pantaloni alla zuava e l’immancabile fazzoletto rosso intorno al collo. Con il tempo la parola gaucho passò a designare chi nasce nella Pampa, indipendentemente dall’origine etnica. Così facciamo un salto agli anni 60 del Novecento. In Brasile si asfaltano le più importanti strade. Una di questa è la Strada BR 116, che parte da Porto Alegre, capoluogo dello Stato del Rio Grande do Sul e arriva a San Paolo, il più importante centro commerciale e industriale del Sudamerica. Lungo questa strada di 1.132 KM sono nati punti di sosta per i Tir, dove potevano rifornirsi di combustibile e anche fare dei pasti. Il churrasco era conosciuto solamente nel sud del Brasile e di solito era preparato a casa. In questi punti di sosta, i ristoranti servivano ai clienti un menu con contorni fissi, serviti al tavolo in portate, e i clienti sceglievano un taglio di carne, cotto alla gaucha, sulle braci, con la carne allo spiedo. I contorni erano riso, fagioli alla brasiliana, polenta fritta, farina di tapioca, un’insalata, di solito lattuga e pomodori, e anche i bigoli al sugo. Un gran miscuglio di cibi di origine diversa, ma bisogna ricordare che tutto il sud del Brasile ha ricevuto un’immensa immigrazione del Nord Italia e dalla Germania. Non si sa di sicuro quale sia stato il ristorante di questa Strada che abbia deciso di non preparare più un solo spiedo per tavolo, ma di offrire tutti i tagli disponibili, con il cameriere che girava tavolo per tavolo con lo spiedo la cui carne viene tagliata al momento di fronte al cliente, offrendo ogni tipologia di carne. Di solito in quegli anni c’erano cinque opzioni diverse: un taglio di agnello, uno di maiale, uno di pollo e costolette e la fesa bovina. Presto, quasi tutti i ristoranti lungo questa strada adottarono questo sistema, e a questi locali che utilizzavano lo “Espeto Corrido”, Spiedo di Corsa, per servire la carne ai clienti, venne dato il nome di churrascaria. ll successo di questo modello di ristorazione presto si diffuse nelle città, specialmente a San Paolo, dove le prime churrascarias aprirono verso la metà degli anni Settanta. Ma non erano esattamente uguali a quelle lungo la strada. Invece di servire al tavolo i contorni, c’erano vari tipi di insalata e piatti caldi sul buffet. E i tagli di carne aumentarono a 12, con maggiore diversità e anche con tagli più pregiati come la picanha. Commercialmente si proponevano come locali di cucina regionale, in questo caso, gaucha, con i camerieri che indossavano i vestiti tipici dei vaccari della pampa. Bisogna ricordare che in quegli anni la carne bovina in Brasile costava relativamente poco, giacché non si riusciva ad esportarla a causa di problemi sanitari, principalmente l’afta epizootica. Così lungo gli anni 80 e 90 del Novecento le churrascarie si trovano sparse in tutto il Brasile, in qualsiasi cittadina e lungo le principali strade del paese. Di solito avevano un prezzo accessibile e venivano frequentate dai ceti medi ogni fine settimana. Un fatto curioso che lega il Veneto alle churrascarias riguarda la diffusione del modello su tutto il territorio brasiliano. Moltissimi padroni e camerieri dei primi stabilimenti erano di un piccolo paese nel Rio Grande do Sul, chiamato Nova Brescia, fondato da coloni veneti e lombardi alla fine dell’800. Ancora oggi questo paese vanta il titolo di “capitale delle churrascarias”. Anche alcune catene di churrascarias appartengono ad oriundi di questa località, inclusa una che ha filiali in vari paesi del mondo, oggi di proprietà di un fondo di investimento nordamericano. Verso i primi anni del nuovo millennio, molte churrascarias diventano locali di lusso, offrendo fino a 20 tipi di tagli diversi e una infinità di piatti al buffet, incluso culinaria giapponese, vari tipi di pasta e risotti. Anche il buffet di insalate si arricchisce, con un’offerta ampia, inclusi immensi cuori di palma, asparagi freschi e carciofi, queste ultime due di costo piuttosto alto in Brasile. I primi segnali di problemi nel settore cominciano ad apparire circa dieci anni fa. Il prezzo della carne in Brasile inizia ad avvicinarsi a quello internazionale, giacché anno dopo anno, più paesi iniziano ad importare carne dal Brasile, grazie ad una situazione sanitaria sempre più vicina agli standard internazionali. C’è anche una maggiore consapevolezza sul consumo eccessivo della carne bovina e il movimento di clienti inizia a calare, mentre i costi crescono. E arriva il 2020, e la pandemia del Covid. Con le imposizioni di chiusura imposte dalle autorità, non era più possibile lo Espeto Corrido. Una grossa fetta delle churrascarie non riesce a sopravvivere e quando i ristoranti riaprono normalmente nella seconda metà del 2021, moltissimi locali non ce la fanno più. Nel 2021 il Brasile diventa il primo esportatore di carne bovina al mondo, fornendo un quarto del fabbisogno totale mondiale. Di conseguenza il prezzo della carne sul mercato interno praticamente uguaglia quello praticato nei paesi più sviluppati. Così le Churrascarie si trasformano. Quelle che occupano le fasce alte di prezzo rimangono fedeli al modello prevalente degli anni 80. Molte altre tornano al modello iniziale, con meno tagli di carne e una varietà minore di piatti. Ma tranquilli. Chi viene in Brasile continuerà a trovare e assaggiare dell’ottima carne e un grande numero di pietanze locali. Le churrascarias si sono trasformate in questi ultimi 60 anni, ma l’Espeto Corrido continua a esistere e fa l’allegria dei clienti brasiliani e stranieri.
Churrascaria
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